E' proprio grazie a dischi come questo se la musica "heavy" anglosassone (prendete, nel dettaglio, il termine in senso mooolto lato) viene ancora ricordata e trattata con rispetto. Il rispetto che si deve ad artisti come Lee Dorrian, Justin Broadrick e, appunto, Mick Harris.
Gli Scorn nascono come progetto semi industriale da parte di un altro ex membro dei Napalm Death. Ma a differenza del Doom dei Cathedral e del suono "swansiano" dei Godflesh, i nostri propongono qualcosa di assolutamente inusuale oltre che di fottutamente geniale. Dopo l'esordio ancora pregno di metalliche atrocità (il famoso "Vae Solis"), Harris decide di virare verso il dub, verso l'elettronica più oscura, certamente verso l'industrial ma perfino verso forme di ambient che richiamano artisti ben distanti dal background dell'inglese.
L'influenza primaria sono i PIL di John Lydon. La loro musica, già estrema per i tempi, viene cannibalizzata e sezionata per poi essere riassemblata in maniera schizoide. Dal dub caratteristico di dischi come "Second Edition" fino a sonorità minimali e annichilenti. Il nome non tradisce gli intenti né il risultato dell'opera.
E' proprio un colosso nero, greve e minaccioso quello che andrete ad ascoltare. Quintalate di elettronica, distorsioni filtrate, ritmi abulici e ipnotici. Quasi una sorta di Massive Attack del periodo "Mezzanine" imbastarditi, attenzione, con un'attitudine heavy e apocalittica.
Industrial metal? Etichetta fin troppo riduttiva per una simile opera! C'è di tutto infatti.
Molti di voi già conosceranno "Colossus". Chi non ha mai avuto la fortuna di approcciarsi ad esso, ebbene, lo faccia senza perdere tempo.
Certamente una delle uscite più significative degli anni '90. E non sto esagerando.
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