In un solo anno escono tre dischi in qualche modo correlati fra loro, e a loro modo e nel loro genere tre splendidi lavoro, ai limiti del "capolavoro".
2001, esce "A Sun that Never Sets" dei Neurosis, sempre nel 2001 esce "As the Crow Flies" di Steve Von Till (voce e chitarra dei succitati Neurosis), e sempre nel 2001 viene dato alle stampe anche questo oscuro "Spirit Bound Flesh" di Scott Kelly, anche lui voce e chitarra dei sempre succitati Neurosis.
Ora che in un solo anno escano tre dischi del genere, non è un caso!
Questo "Spirit Bound Flesh" è una intensa ed oscura visione che Kelly ci dona del suo mondo. Scarno, come sempre, si avvicina con note lacrimevoli e testi disarmanti ad una scheletrica essenza della musica.
Niente altro che la sua voce, a tratti sussurrata, a tratti più chiara e limpida, accompagnata da una chitarra acustica e ben poco altro.
L'apertura del disco "I don't Feel You Anymore" ci da il benvenuto in questa sofferta esistenza umana che Scott ci narra a fil di voce. Un arrangiamento chitarristico scarnificato e semplice, e qui si vede la differenza che lo distingue da Von Till nei Neurosis, la semplicità davanti ad un microfono, con tutte le sue ansie e le sue tristezze.
L'album scivola via morbido, e nero, come l'arrivo di un temporale, che oltre al freddo e alla pioggia, riporta alla mente anche tristezze e solitudini lontane, ma in realtà sempre presenti come oscuri occhi che ci osservano da ogni angolo.
Commovente a dir poco "Sacred Heart" dove, proprio per rimanere in tema di semplicità, il nostro "neurotico" ci riserva una canzone totalmente cantata "a cappella", lasciandoci a noi ascoltatori il lusso di sentirlo respirare fra una parola e l'altra, e di notare le leggere inflessioni del tono della voce, quasi si stesse commuovendo anche lui nel cantare.
C'è poco da dire del resto del disco, si prosegue con continue visioni glaciali, con la chitarra acustica che prende piano piano forma, andando a far modificare il suo suono con l'ausilio di un Phase, giusto per non dimenticarci che lui suona anche nei Neurosis!!
"The Honour of My Prisoner" chiude il disco con una maestria fenomenale, un semplicissimo giro di chitarra iniziale che ci lascia percepire nettamente gli spostamenti della mano sulla tastiera dello strumento, quello stridere di corde che personalmente adoro! La voce di Scott Kelly, anche in quest'ultima traccia, è magica e diabolicamente seducente.
Un disco per occasioni silenziose, dove innamorarsi della propria tristezza e della pioggia che batte lenta sui vetri.
Dolorosamente dolce.
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