La vita vi stressa? Sul lavoro la situazione sta diventando sempre più insopportabile? La famiglia vi stritola i maroni? Lo studio? Che coglioni! Non ve ne frega nulla di ascoltare a dicembre 2015 un disco uscito dopo l'estate 2014? Un minimo di tranquillità e di pace interiore può valere un'ora della vostra vita dedicata all'ultimo lavoro di Scott Matthews, inglese quasi quarantenne from Wolverhampton?

Per me non ci sono dubbi: "Home Part 1" (quel "Part 1" potrebbe presupporre in futuro un "Part 2"? Speriamo) è un piccolo gioiello folk che conservo morbosamente nel mio angolo di paradiso quotidiano. Scott rielabora le sensazioni di "What The Night Delivers" del 2011 amplificandole e ammorbidendole all'ennesima potenza, riuscendo nella difficile impresa di non banalizzare canzoni sonoricamente semplici e lineari. La dolcezza e la serenità sprizzano da ogni singola nota, si naviga in un mare di giuggiole. Gli arpeggi di chitarra si sprecano, si avvinghiano agli archi, si legano e si slegano all'armonica o a semplici tocchi di pianoforte. La sua voce è miele che scivola su qualche accenno di chitarra elettrica, su schegge di ottoni, su leggeri colpi di batteria.

Malinconico, sognante, sospeso, virtuoso o lacrimoso: scegliete voi, dopo il primo ascolto, l'aggettivo che più si avvicina. Per i più esigenti, si allontana anche il fantasma della voce di Jeff Buckley che nel penultimo album aleggiava qua e là (non che la sua presenza importunasse ma rischiava di retrocedere Scott nella categoria del "già sentito").

Un grande album, un grande songwriter. Merita. Nulla più.

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