C’è la luna che chiede di restare
abbastanza a lungo da permettere
alle nuvole di farmi volare via
Forse sono solo un folle che illude se stesso. E il ricordo mi porta spesso a quello squarcio di paradiso risucchiato dalle torbide acque del Mississippi. Ho ricercato quelle emozioni nei luoghi e nei suoni più disparati, tra esaltazioni del momento e delusioni cocenti, senza mai veramente ritrovarle. Ma a volte ci sono arrivato così vicino da riuscire quasi ad afferrarle. E’ il caso di questo estraneo di passaggio, Scott Matthews, da non confondere con il quasi omonimo cantautore australiano sprovvisto della “s” finale.
Una nuda chitarra come compagna di viaggio e un timbro vocale che ha il calore di un abbraccio. Il suo canto che si agita e si arrampica su melodie inafferrabili, elusive. Composizioni sfuggenti come sogni ad occhi aperti, a rivelare il microcosmo dell’anima e a raccontare la dolcezza della sofferenza.
E’ quel placido folk rurale che ti entra sottopelle, perché vive della semplicità senza risultare mai banale. E si dibatte tra minimalismi elettro-acustici ed eleganti arrangiamenti, conditi ora dai giochi timbrici delle tabla, ora dalle delicate evoluzioni dei fiati. Armonie continuamente in bilico tra luce ed ombra, tra arpeggi celestiali e accordature non convenzionali. E’ musica che si muove al ritmo dell’animo, che sa sporcarsi del blues più melmoso per poi abbandonarsi a tentazioni orientaleggianti.
E ci ritroviamo avvolti da distese di verde, lontani dal mal di testa cittadino, a contemplare il cielo e ad interrogarci sullo scorrere del tempo. Sospesi in un equilibrio instabile di emozioni. A volte ci si sente a proprio agio solo nel ricordo del passato, dimenticando che la felicità non guarda mai indietro. Magari quello che stiamo cercando è più vicino di quel che pensiamo. E ci aspetta altrove.
Puoi dire che il sole sta splendendo se proprio vuoi
Io vedo la luna e mi sembra così chiara
Puoi prendere la strada che conduce alle stelle
Io prenderò la strada per comprendere me stesso
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