Tra un arresto e l'altro, e in un periodo di scarsa intesa coi fratelli DeLeo, che dopo la delusione per lo stop alla tourneé di Tiny Music, avevano già messo in piedi un nuovo gruppo (i Talk Show) rimpiazzando alla meglio il loro cantante originale negli STP, l'inafferrabile Scott Weiland esordiva con un primo e ad oggi unico album solista, che non riscosse molto successo in termini di vendite, ma che la critica (Scaruffi compreso, non ci crederete...) salutò come un coraggioso passo d'avanguardia pop, da parte di uno dei cantanti più controversi e popolari degli anni del grunge.
12 bar blues è un disco assurdo, destinato a chi vuole provare qualcosa di totalmente diverso dalle solite cose che la musica rock di oggi propone. A livello artistico, Scott ha compiuto un capolavoro, seppur ostico e completamente divergente dagli Stone Temple Pilots. Ma veniamo alle canzoni. Si parte con Desperation #5, uno dei migliori brani, con reminiscenze di Brian Eno e David Bowie, per poi passare alla power-ballad Barbarella, un ibrido fra la melodia pop dei Beatles, e i suoni articolati e devianti scuola Reznor. Si prosegue in questa direzione con About Nothing, meno melodrammatica della precedente, e forse più statica.
Where's the Man, invece, è forse il punto più vicino alle ballate del suo gruppo d'origine, mentre Divider è uno splendido numero di soft jazz da pianobar, riarrangiato al fine di non sembrare ancora più spiazzante di quanto già non risulti essere, rispetto alle 4 canzoni precedenti. Scott per il resto si diletta in mille strumenti, e su the Date suona assolutamente ogni traccia di basso, batteria, loops, chitarre e sintetizzatori, che in questo disco la fanno spesso da padroni.
Son non nasconde il lato tenero e umano di un Weiland altrimenti perennemente incastrato col suo fare i conti con la tossicodipendenza. Martyn LeNoble, Sheryl Crow, Daniel Lanois, Brad Mehldau sono alcuni degli ospiti illustri che presenziano questo album sperimentale, che mi sento di consigliare non tanto ai fan del movimento grunge, ma soprattutto ai nostalgici di Scary Monsters di Bowie, a chi ama ogni cosa che si avvicini alle distorsioni industrial dei Nine Inch Nails, forse la genialità di Beck, e per quanto riguarda la canzone Lady, your roof brings me down, decisamente al Tom Waits più carnevalesco. Questo è un album strambo e originale, ma bello per questo: è decisamente in rotta con altri dischi rock cantautoriali, a cui siamo abituati. 12 bar blues e' paradossalmente il miglior disco di David Bowie dal 1980 ad oggi.
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