Questo disco non esiste, non è mai esistito a livello ufficiale. Si poi negli anni duemila hanno stampato una compilation e in DVD quel capolavoro di concerto dal vivo del 1978 (oibò da me Caspasian recensito) ma al momento della loro vitalità, sul finire degli anni '70, non sia mai che a qualcuno gli fosse venuto in mente di produrre questa serie di canzoni che mettono in chiaro una volta per tutte dove dimora l'essenza del punk.

Alle prime ci chiediamo il perché di questa disattenzione e biasimiamo il sistema che sponsorizza cani e porci e si lascia sfuggire dei campioni di questa fatta. Ma poi ripensandoci è meglio così, l'eternizzazione passa per la nube alchemica, l'eternizzazione è espansa e non tutti riescono a percepirla. La consacrazione dell'apparizione degli Screamers è l'inesistenza.

Punk come suono onomatopeico strillato per una deflagrazione definitiva: polvere siamo, polvere torneremo. Palchi appiccicati di sudori legnosi, lezzo di un rifiuto al "andrà tutto bene". No, no, va tutto bene, ora e adesso. Il rifiuto è totale anche nell'escludere le chitarre, nell'escludere l'omologazione dell'ascolto, nell'escludere la presenza, nell'urlare che non siamo questo corpo e che si può sacrificare disintegrandolo su altari fatiscenti.

Microfono sfallicato è lo scettro, esplicazione disadattata la corona, due tastiere i troni, la batteria di cartone cadenza la milizia, un pubblico di reietti è la nazione. E quando gli interpreti richiamano ad "un mondo migliore" il successo impersonale è assicurato, perché qui si trascende, e di brutto.

La sequenza dei pezzi è una supernova che affumica quei perbenismi implementati da un'educazione rincoglionente. E ti viene voglia di tagliarti i polsi e innaffiare con sangue nero quelle creature del sottosuolo che attendono il Verbo concitato di anarchia individualista che rinfresca con la sua utopia i nostri tentativi di autodistruzione cosciente. Ed è quello che fa il frontman, tiene tutti in pugno in un turbine che con la sua forza centrifuga ci appiccica al vetro delle nostre trasparenze. Il Re è nudo e tutti lo gridano!

Le vibrazioni prodotte proiettano il marasma in una situazione galleggiante nulla. Si sperimenta un'estetica un tantino fuori il convenzionale, la tortura è senza appigli, non ci sono scuse: la speranza è trattata come una misera giustificazione e schiacciata senza pietà come un'emorroide. La disintegrazione è lo stato permanente, ricominciare da zero per vivere diversamente, recuperare consistenze rarefatte, non avere remore nel contrastare a tutti i costi la salvaguardia del nostro involucro organico. C'è un alone permanente di santità nell'apparizione, il paradiso non è soft, è punk!

E sempre nelle nostre meravigliose vite borghesi la fiducia nell'essere umano viene smentita, meno male che da queste parti volano sputi, si ma veri. L'incuranza dell'amor proprio costruisce un dolore cosciente feroce nella sua cinicità dove apre le porte a quella luce bianca che illumina le stanze di quell'anima che mistifica il corpo prendendolo per il culo e relegandolo al suo originario ruolo: merda siamo e l'illusione dell'oro la canzoniamo da sempre e per sempre.

Divertente colonna sonora delle nostre miserie e menzogne che fa il pacco alle possessioni deridendole e facendole scappare a gambe levate. Let's Go!

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