"Carneade, chi era costui?" si domandava il caro vecchio Don Abbondio, e a secoli di distanza la situazione non è che sia cambiata poi molto, nonostante il progredire della tecnologia e la possibilità illimitata o quasi di informarsi ed approfondire le proprie conoscenze in qualsiasi ambito.

In questo caso specifico qui nel Belpaese parlare di Futurepop è un po' come tentare di coltivare orchidee in Siberia; già mi immagino qualcuno pensare che tale termine non sia altro che il titolo del nuovo album di Justin Timberlake o di Lady Gaga, e rimango perplesso su come questo tipo di musica, forte di molte ottime qualità e commercialmente tutt'altro che invendibile possa essere considerata come qualcosa "di nicchia" anche nei paesi d'origine (Germania e area scandinava). Il futurepop nasce negli anni '90 sulle fondamenta dell'industrial e dell'EBM, con i quali ha praticamente la stessa relazione evolutiva che nei primi anni '70 ha legato l'hard rock e il blues rock al fenomeno glam: il futurepop si presenta sicuramente molto più accessibile ed orecchiabile rispetto ai generi da cui deriva, atmosfere epiche, melodie potenti ed orecchiabili, nessuna particolare ruvidità, pieno rispetto della forma-canzone. Eppure nessun gruppo futurepop è mai riuscito a sfondare veramente nel mainstream, per molteplici ragioni: da molti il rock è visto come un genere Alfa, dominante, a prescindere dalla qualità della proposta, il FP, che presenta tematiche e strutture molto più raffinate rispetto alla media del rock maistream generico, con molta più profondità, stile e spessore aggiungerei, non rinnega tuttavia la propria anima elettronica, di conseguenza rinunciando a tutta la retorica e la prosopopea ormai superata e stucchevole che vede la musica basata su chitarra, basso e batteria come qualcosa di forte, sincero, genuino, roba da duri, roba da veri uomini e bla bla bla. In secondo luogo, al futurepop sono mancate una realtà carismatica che facesse da traino a tutto il movimento, come ad esempio i Rammstein per la Neue Deutsche Harte o i Nirvana per il grunge ed una stampa capace di propagandare il genere (fosse stato un fenomeno tipicamente inglese sarebbe stato molto più facile trovare appoggi giornalistici da sfruttare). Come se non bastasse, nessun artista futurepop ha mai fatto nulla che potesse attirare l'attenzione di rotocalchi rosaneri, negandosi quindi l'attenzione sgradevole ma pur sempre utile di beghine e pettegoli; con queste premesse, lo sdoganamento mainstream non può che rimanere un miraggio.

Uno dei dischi Futurepop più rappresentativi, più belli e più particolari è sicuramente "No Sleep Demon", esordio datato 2001 dei Seabound, duo tedesco formato dal cantante Frank Spinath e dal tastierista Martin Vorbrodt. Rispetto alle tematiche tecnologiche ed alla sostanziale freddezza degli svedesi Covenant, spesso considerati i "padrini" del genere o all'approccio più istintivo e viscerale dei connazionali Rotersand i Seabound viaggiano, sia come proposta musicale che come tematiche, su rotte più tranquille ed introspettive. Il loro sound è lontano da paranoici battiti industriali e visioni distopiche, l'ispirazione più evidente viene da un synth pop "illuminato", ripreso nella sua essenzialità e depurato da orpelli inutili, ed anche se non mancano episodi ballabili l'album ha un mood molto disteso e riflessivo, a tratti quasi rilassante, grazie anche alla voce calma e rassicurante di Frank Spinath. L'incedere epico e marziale di "Smoke" ricorda abbastanza da vicino "Uprising" dei Muse, va da se che sarebbe molto più corretto affermare l'esatto contrario, ma qui le sonorità sono puramente elettroniche, senza contaminazioni furbesche e pretese di grandeur, i toni sono più bassi, il songwriting molto più incisivo e profondo, la voce controllata e quasi discorsiva, caratteristiche che si ripetono per tutto l'album, un prodotto con un'identità molto forte ed unitaria, non un minestrone di "citazioni" assortite. L'idea di base sviluppata d Frank e Martin è ben chiara e definita: rielaborare sonorità synth pop e new wave in un chiaroscuro che si snoda interamente tra zone grigie: atmosfere a volte cupe ma mai veramente darkeggianti ed oppressive alternate a momenti più ballabili ed atmosfere soffuse ed eteree, sempre con un'inquietudine aleggiante e ben percepibile. Danze ipnotiche e maestose come "Exorcise" e "Hooked" più il midtempo conclusivo "Day Of The Century", fortemente influenzate da certa elettronica e disco d'avanguardia di fina anni '70, dividono la scena con episodi più oscuri di chiara derivazione new wave, "Travelling" e "Dunnocks", il caotico smarrimento industrial di "Coward", la malinconia labirintica e cerebrale di "Rome On Fire". L'atmosfera greve ed indugiante di "Point Break" si dissolve nel beat mantrico e nelle voci filtrate di "Torn" formando un continuum di atmosfere spirituali, quasi ascetiche, presenti in forma più puramente contemplativa in "Avalost", ottimo strumentale d'atmosfera.

Forte di ottime canzoni e di un fascino tutto suo, ombroso, elegante ed introspettivo, peraltro ottimamente strutturato e privo di riempitivi, "No Sleep Demon" merita una valutazione ampiamente positiva, è un ottimo album che con un po' di professionalità e malizia riesce a raggiungere una perfetta sintesi tra pop ed elettronica, in cui è la ricerca della qualità e della raffinatezza a dare vita ad ottimi spunti melodici ed atmosfere affascinanti, non influenze "colte" incorporate a forza in un contesto ben confezionato e facilmente vendibile alla massa. Può essere veramente il disco giusto per avvicinarsi a questa corrente musicale così ingiustamente sottovalutata, che merita quantomeno curiosità e magari un approfondimento un po' più dettagliato.  

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