Quella del ragazzo che dopo la laurea abbandona le agiatezze di una vita borghese per dedicarsi a una vita sulla strada, on the road, è una storia talmente pazzesca da essere naturalmente vera. Il protagonista di questa storia prende una decisione radicale, sceglie di dire Fanculo! a un destino già segnato, fermo immobile e senza vie d'uscite che conduce all'infelicità, come è il caso dei genitori, e si dedica alla ricerca della libertà e della bellezza intese come valori assoluti ("la carriera è un'invenzione del XX secolo", afferma.)
Into the Wild ci racconta questa storia, attraverso lo sguardo sperimentale ma lucido di Sean Penn che a sua volta dice Fanculo! alle forme tradizionali del racconto cinematografico hollywoodiano, preferendo vagare come il suo protagonista tra salti temporali, luoghi (un'America raramente così splendida), citazioni letterarie bellissime, riferimenti cinematografici tutt'altro che scontati (il guardare dritto in macchina come nel cinema di Godard, ma soprattutto il Lynch di Una storia vera). Il viaggio del protagonista, uno strepitoso Emile Hirsch, è accompagnato dalla voce ispirata di un Eddie Vedder in libera uscita dai suoi Pearl Jam, che aggiunge ulteriore poesia ai già notevoli paesaggi.
Into the Wild è una riscoperta della natura, delle cose che contano davvero nella vita, delle cose che ci siamo dimenticati per colpa di una società che ci impone di andare di fretta, di consumare di più, sempre di più. Una riscoperta dell'essenza delle cose che si tiene lontana comunque da ogni prevedibile discorso moralistico. Ma soprattutto è una riscoperta del cinema, quello vero, quello che ti fa riflettere sulla situazione del mondo e su te stesso, quello che ti fa battere il cuore per un'avventura folle ma stupenda (o forse stupenda proprio perchè folle), quello che ti trascina dalla tua comoda poltrona del multisale dritto lì in mezzo, nelle terre selvagge, into the wild.
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