Siamo nel 1971 e i Second Hand danno alle stampe il loro secondo lavoro: Death May Be Your Santa Claus.
Rispetto al loro album d'esordio - Reality del 1968 - entrano in formazione Rob Elliott (fratello di Ken), George Hart e Moggy Meat, quest'ultimi a sostituire le defezioni di Bob Gibson (chitarra) e Nick South (basso).
Il gruppo così composto sforna una serie di originali composizioni che miscelano spunti zappiani con inflessioni vocali alla Kevin Ayers, il tutto amalgamato con un pizzico di Arthur Brown e i Crazy World; è un disco dove prevalgono le tastiere elettroniche di Elliott che viaggiano su un tessuto di tempi dispari, voci rallentate, momenti sinfonici e accelerazioni - decelerazioni.
Il dubbio che sia un album di non facile ascolto, ma intrigante, è subito confermato dopo appena pochi secondi della title-track: un brano in continuo movimento incostante per poi riportarci con la memoria ad alcune sensazioni morriconiane: l'inizio di "Bangin' On A Eyelid"; altri momenti, invece, riesumano le composizioni d'organo di Johanne Sebastian Bach ("Cyclops" e "Sic Transit Gloria Mundi").
Tra questi due brani troviamo delle vere e proprie gemme: l'incedere di batteria e tastiera, con voce al limite del delirio, di "Lucifer And The Egg"; il blues adatto per i nostri incubi (non solo notturni) di "Somethin' You Got" che, improvvisamente si trasforma in un'amichevole scampagnata, con tutta la famiglia, a forti dosi d'acido lisergico ("Dip It Out Of The Bog Fred").
La parte conclusiva del disco è perlopiù strumentale con toni apocalittici e futuristici; si passa da una possibile atmosfera da terzo millennio su Marte - "Revelation Ch. 16, Vs. 9-12" - a un frenetico incedere ("Takes To The Skies") che ci riporta al punto di partenza con la voce che rielabora il liet-motiv della title-track per poi farci cadere in un pozzo strumentale senza fondo: "Death May Be Your Santa Claus (Reprise)".
Dopo la caduta e lo sfracellamento al suolo, i Second Hand ci invitano a una superba marcia funebre ("Funeral") - che chiude il disco - regalandoci il loro aspetto più melodico.
Difficile trovare dei punti deboli: uno dei capolavori del progressive-rock inglese: peccato che per i Second Hand sia il loro ultimo album, anche se, alcune voci (o leggenda?) sostengono che il gruppo avrebbe poi realizzato un nuovo progetto con la sigla Chilum.
Semplicemente un capolavoro.
Carico i commenti... con calma