Mio cuggino se lo comprò in Brasil durante uno dei suoi soggiorni dai suoceri, esortato in questo dal nipote di sua moglie, giù a Rio, che ne andava entusiasta. Tornato in Italia l’ha ascoltato una volta o due e poi me l’ha regalato, scuotendo la testa. Mollaccione…
E che sarà mai! Thrashione sudamericano, neanche fra i più sanguinari. Il disco è un semplice EP fra l’altro, un extended playing di comunque ben otto brani (l’ultimo di essi chissà perché tralasciato nelle note di copertina) capace di raggiungere i ventotto minuti.
Tutte cover… rispettivamente di Hellhammer, Massive Attack, Public Enemy, Devo, Jane’s Addiction, U2, Exodus e Metallica. Vale a dire di un terzetto di “colleghi” thrashioni e per il resto una sana mutazione metallara di episodi hip e trip hop, new wave, pop rock.
Non molto distribuito in giro per il mondo e quindi raro da trovare negli scaffali dei rivenditori, l’album è del periodo (2002) nel quale era rimasto in formazione uno solo dei fratelli Cavalera, il batterista Igor, poi andatosene anche lui qualche anno dopo. Al microfono evoluisce quindi il sostituto di Max, il cantante (statunitense, e nero) Derrick Green. I suo growl moderato pervade per buona parte le tracce dell’opera, rendendo subito adeguatamente cavernoso l’hip hop “Black Steel in the Hour of Chaos” nel quale evoluisce (velleitariamente, fuori contesto) un ospite rapper il paulista Sabotage.
Troppo figo sentire una band death/thrash cimentarsi nel classico riff secco, ossessivo, super new wave di “Mongoloid”, primo successo dei mitici Devo. La sfida in territori Jane’s Addiction con “Mountain Song” è ugualmente stuzzicante, mentre anche rivestita di pesante piombo chitarristico la “Bullett Blue Sky” del quartetto superstar irlandese resta pallosa, come quasi tutto il loro repertorio. Per fortuna segue a stretto giro il recupero dei fratelli di sangue Exodus, un episodio thrash al duecento per cento, svelto come la polvere e nel quale Igor può sfogare tutta la sua esuberanza con la doppia cassa.
L’ultimo contributo dell’album, quello quasi “ghost” come si diceva all’inizio, consta di una scheggia di poco più di un minuto nel quale i Sepultura riprendono in forma garage i Metallica, proponendo in medley trenta secondi di “Enter Sandman” e poi quaranta di “Right Fire with Fire”… mah…
Magari non è il lavoro giusto per approcciarsi primariamente a questi metallari di Belo Horizonte, ma non credo sia neppure così straniante. Certo che Max Cavalera appare insostituibile, Green non è cosa e allora tre stelle meno meno, mi scusino i fans.
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