L'indifferenza del grande pubblico nei confronti di Sergio Cammariere è davvero incredibile. Se posso permettermi, tale indecente noncuranza dà l'esatta dimensione della cultura musicale dell'italiano medio, che si commuove ad ascoltare storie di piccioni et similia, ignorando al tempo stesso l'esistenza di forme di vita artistico-musicali esponenzialmente più evolute e interessanti.
"Dalla pace del mare lontano", disco d'esordio del cantautore crotonese, rientra decisamente in quest'ultima categoria di opere. L'album si compone di 13 brani, per circa un'ora di musica estremamente raffinata e godibile già ad un primo superficiale ascolto, nonostante la matrice jazzistica predominante. Nello straordinario parterre di musicisti (due nomi su tutti: Amedeo Ariano alla batteria e Luca Bulgarelli al contrabbasso, per una straordinaria sezione ritmica) sottolineiamo la gradita presenza di Alex Britti, che firma la splendida introduzione di "Via da questo mare", canto di dolore e speranza di chi ha deciso di abbandonare la propria terra e il proprio mare (i testi come di consueto sono firmati da Roberto Kunstler).
E proprio il mare, simbolo di estate, gioia, libertà, pace interiore, si presenta come uno dei motivi dominanti dell'intero disco. Non possiamo non ricordare infatti la spumeggiante "Dalla pace del mare lontano", con il suo andamento ritmico sostenuto, e la profumatissima "Il mare", versione italiana de "La mèr" di Charles Trenet, che ci culla soavemente, quasi fossimo davvero in acqua.
C'è spazio comunque anche per soffici bozzetti intimistici ("Apri la porta"), samba irresistibili ("Canto nel vento"), swing al fulmicotone ("Paese di goal") nonchè brani ironici come la splendida "Vita d'artista" che ironizza sulla condizione dell'artista in Italia.

Un lavoro che, in ultima analisi, si presenta estremamente versatile e policromatico, da ascoltare assolutamente. Un lavoro che riconcilia con la musica italiana.

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