Il_Paolo "E...state con me" n. 2
Ciao ragazzi/e, con l'arrivo dell'estate, è ben noto più o meno a tutti, le spiagge della penisola si riempiono di italiani, stranieri, e soprattutto straniere, dando luogo ad un eterno collettivo rito sociale, e qualche esperto potrebbe dire "antropologico", nel quale il maschio (altrimenti detto vitellone) tarpa la femmina (altrimenti detta squinzia, o termini simili) credendo di poterla conquistare; ciò senza avvedersi del fatto che - prima ancora di aver scelto la preda - è per certi versi la preda ad aver scelto lui: con intuibili ribaltamenti di senso circa il ruolo del cacciatore e del cacciato, e circa il fatto che la selezione naturale della nostra specie viene, nei fatti, guidata dal c.d. gentil sesso, e non dall'homo homini vitiello.
La rappresentazione di questi riti di caccia è tipica del nostro cinema italiano c.d. "maggiore" (Fellini coniò per primo il termine "vitellone"), ma raggiunge il suo apice nel cinema c.d. "minore", e, soprattutto, in questo simpatico film ('83), della nota coppia felsinea di Gigi & Andrea, attivi soprattutto negli anni '80 in televisione (chi non ricorda la scena di mamma e figlio a "Grand Hotel", trasmesso su Mediaset, o la spettacolare serie di "Don Tonino", passata sulle reti del Biscione?).
La storia è piuttosto semplice, ma, nella sua apparente semplicità, è già in sé stereotipa, ovvero indicativa di comportamenti non ascrivibili all'individuo, ma alla specie umana (partizione di quella animale) in sé: e dunque a comportamenti innati nell'individuo italico, che si dedica al rimorchio in spiaggia con la naturale fatalità con cui il cucciolo di cane, dopo circa nove mesi, impara spontaneamente ad alzare la zampa posteriore per far la pipì: in sostanza, Gigi & Andrea, partiti da Bologna facendo credere di andare ad Acapulco, alloggiano in una dimessa pensioncina di un qualche paese della riviera romagnola alla ricerca di fauna femminile con cui soddisfare i propri desideri lubrici; il film ci descrive i loro ripetuti tentativi di cuccaggio, quasi una coazione a ripetere, con varie tipologie femminili (la più interessante, sfatiamo il taboo, è la mamma con figlioletto a seguito), che vanno variamente a vuoto, finché i nostri non decidono di tornare nella propria città d'origine. Qui, in una Bologna assolata e deserta, dove i portici della città stagliano sui Nostri ombre metafisiche alla De Chirico, Gigi & Andrea si imbattono in una vecchia e racchia conoscenza (Gegia!!!!), decidendo di accoppiarsi obtorto collo con ella ed una sua non meno brutta amica, in un sottotetto con vista sulla torre degli Asinelli, al contempo simbolo fallico e di potere (si sa infatti che "cummannari e chiù meglio ca...").
Il viaggio di Gigi & Andrea appare dunque come un tentativo di destrutturare la "cultura" d'origine, abbandonando la città verso l'esotismo e la "natura" libera della spiaggia, vocato tuttavia al fallimento (quasi che l'uomo, riconoscendo la sua natura, torni a percepire la propria debolezza, impotenza e mortalità), per un ritorno apparentemente rassicurante all'ordinario godimento dei sensi, sotto l'ombra del potere e della cultura cittadina, che sublima i sensi e le pulsioni recondite dell'individuo. Nella sintesi, si tratta di un agile ed inconsapevole compendio delle frustrazioni dell'essere umano in quanto agente sessuale, ben confezionato all'interno di una (venefica) piadina romagnola.
Va certamente detto, che, al di là dell'öcculto significato simbolico della storia, il film appare inferiore, quanto a messa in scena e recitazione, anche agli standards del mio amato cinema minore: la recitazione non mi entusiasma (tranne che in "Don Tonino", i due protagonisti sono ottimi comprimari ma non sanno reggere le sorti di un intiero lungometraggio), e si rinviene, nel sottofondo, un'aura un po' troppo raffazzonata e superficiale. A meno che il mezzo non sia il messaggio: dove un film squallido ripropone, nella sostanza, degli squallidi ma ineluttabili meccanismi di riproduzione della razza umana. Resta tuttavia da ricordare il seno nudo di Gegia, davvero uno dei punti più bassi della cinematografia mondiale, ve lo garantisco io.
Nella sintesi, un film forse trascurabile, che ha tuttavia il merito di farci riflettere, anche sotto il solleone, magari mentre non sottovalutiamo la bellezza della nostra vicina di stradio, come l'eterna lotta dell'uomo per conquistare la femminuccia non sia espressione di un'autonoma volizione, ma sia talvolta l'attuarsi di un disegno naturale, ovvero quello della specie volta ad autoconservarsi mediante l'incontro fra individui significativi del branco. Con la consapevolezza che ogni eventuale rifiuto o successo non dipende, in verità, dalla nostra individuale inettitudine, ma dall'equilibrio della natura e da un oggettivo processo di selezione naturale.
Col che non mi sento di disprezzare a priori chi volontariamente si sottrae a questa lotta per la sopravvivenza, passando le sue giornate in spiaggia a leggere la Gazzetta, a risolvere gli enigmi di un periodico o di un classico sudamericano, a giocare a tamburelli o a fare lunghe passeggiate sulla battigia, evitando i secchielli dei bambini e i pattini in attracco, sperando nell'imminente arrivo delle brezze settembrine.
Naturalmente Vostro,
Il_Paolo
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