Mentre per i nostalgici è in tour con i System Of A Down, Serj Tankian continua il suo percorso solista pubblicando il suo terzo album, "Harakiri".
Dopo le sperimentazioni di "Imperfect Harmonies", nel presente disco c'è un parziale ritorno ad un sound più rock ed aggressivo, non disdegnando varie contaminazioni ormai parte integrante del suo repertorio, sempre piuttosto vario, vasto e complesso.
L'album è anticipato dal primo singolo "Cornucopia", un richiamo a maggior attenzione verso gli scottanti temi relativi al rispetto per l'ambiente, trattati sempre sapientemente e col giusto peso, come ormai ci ha da sempre abituato.
Ottime le melodie orientali di "Ching Chime", come è buono l'incidere rock di "Butterfly" che apre alla title-track "Harakiri", primo vero grandissimo esperimento ben riuscito. Tankian esprime ancora una volta e a modo suo, le proprie perplessità sull'inutile lotta tra uomini, descritta come qualcosa che spesso sfocia nel superfluo, "Siamo delle mandrie che si feriscono a vicenda con delle menzogne". A seguire il rock ben fatto di "Occupied Tears" che proprio mentre sembra strizzare l'occhio a qualcosa di già sentito nei dischi precedenti, si interrompe per dare spazio ad un interludio in stile poetico, per poi riprendere i suoi ritmi iniziali. Piccoli particolari che fanno notare come Tankian ancora una volta non lascia davvero nulla al caso. Il primo pezzo con base elettronica e sperimentale è la buona "Defeaning Silence", un brano in cui vengono espresse le sue capacità da cantautore, certamente non facile da comprendere ai primi ascolti, ma che a lungo andare è meritevole di lode.Col proseguire del disco, non finiscono le piacevoli sorprese, come si evince dalla valenza di canzoni come "Forget Me Knot" e "Reality TV", quest'ultima una denuncia verso la TV spazzatura ormai dilagante "I abhor the whore who calls herself reality, reality TV " - "Io odio la prostituta che si definisce realtà, realtà TV". Dopo una discreta "Uneducated Democracy", la chiusura spetta al buon rock di "Wave On".
Nel complesso, la prima notazione che si può fare è che il presente "Harakiri" è il punto d'equilibrio tra la grinta hard rock dell'esordio di " Elect The Dead " e le sperimentazioni - a tratti un pò eccessive - del precedente lavoro, il già citato "Imperfect Harmonies". Nonostante tutto ciò, il disco conferma il suo appeal non commerciale. Tankian si presenta in copertina con una espressione tesa e seriosa, compassata, quasi severa, accennando visivamente le linee guida dell'album, ad oggi indubbiamente tra le uscite rock più attese e soddisfacenti dell'anno. In attesa dei tre successivi dischi solisti già abbondantemente preannunciati dal cantautore di Beirut, non resta che godersi la creatività del presente " Harakiri ", titolo ambiguo che a tutto può alludere, tranne che al 'suicidio per colpa' di un musicista in costante ascesa.
Voto: 9
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