Essendo fotocopie dei precedenti album, gli ultimi lavori de Ill Nino, Disturbed e Staind sono già lì a prendere polvere mentre questo nuovo Sevendust, pur rientrando anch'esso nella categoria "scarsa fantasia" e "ripetitività", mi piace 'na cifra e persiste in heavy rotation nel lettore dell'auto. Sarà che i Sevendust fin dal debutto si son fatti apprezzare x la sincerità della proposta, attenti a non seguire mode temporanee e proseguire per la loro strada. Sarà che quello che fanno lo fanno maledettamente bene, a muso duro e senza troppi fronzoli, con riff tosti e compatti che arrivano in tempo zero dritti allo stomaco. Sarà che dalla loro hanno un singer strepitoso, dalla timbrica unica (bhè quasi, rievoca spesso Corey Glover dei Living Colour), sempre possente e splendida nelle aperture melodiche. Sarà che, morti e sepolti tutti i coscritti nell'era nu metal, i 7D sono rimasti un punto fermo di quel tipo di sonorità, nel bene o nel male, insomma: prendere o lasciare. Sarà, ma io, ovviamente, prendo!
Dopo la parentesi di "Southside Double-Wide, Acoustic Live" che ce li mostrava in un'inedita versione acustica, i Sevendust rientrano nella media di un disco ogni due anni con questo "Next", quasi a dire "Sotto a chi tocca, avanti il prossimo, che siam tornati più incazzati che mai!". E "Hero" non potrebbe rappresentare meglio questo spirito: partenza in stile Fear Factory, con sessioni ritmiche e chitarre a stopparsi e colpire all'unisono, in attesa della solita ma sempre attesissima parte melodica di Witherspoon. La successiva "Ugly" (primo singolo tratto dall'album) vede un riffin un po' più curato del solito, effetti di tastiera in sottofondo a riempire e accompagnare un ottimo cantato fino ad arrivare ad una breve apertura acustica. . . si vede che c'han preso gusto. "This life", ballatona buona x le radio, intermezza altri pezzi dalla classica struttura nu, mentre in "See And Believe", "The Last Song" e "Never" riappare nuovamente un po' di elettronica, quel qualcosa in più che diversifica un album altrimenti troppo monocorde. "Shadows In Red" chiude il lavoro quasi sottovoce, pregna di pathos e chitarre acustiche in cui Glover è richiamato come non mai.
Niente di nuovo dunque in casa Sevendust, nessuna rivoluzione, nessuna ricerca di appartenenza se non alla loro terra, alle loro origini che rimangono ben salde nella loro musica, un marchio a fuoco che ci accompagnerà ancora per molto tempo: 7D, cover docet!Discography* Sevendust (1997)* Home (1999)* Animosity (2001) * Seasons (2003)-* Southside Double-Wide: Acoustic Live (2004)* Next (2005)
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