Ecco come fare Progressive Metal senza copiare e incollare nulla dei Dream Theater. I Seventh Wonder nel 2010, dopo l'ottimo "Mercy Falls", regalano al pubblico un altro piccolo capolavoro, "The Great Escape", che è un'altra conferma delle loro capacità. Il Prog Metal, misto a qualcosa di Power e caratterizzato da forti pennellate AOR, che propone questo gruppo non è nulla di innovativo. Anzi, stupisce come il gruppo riesca a mixare elementi così diversi fondendoli in un unica opera. Sono numerosi i frangenti in cui il gruppo passa da arrangiamenti tipicamente AOR a sezioni strumentali tipiche del Prog Metal.
Viene subito messa in risalto la prestazione vocale di Tommy Karevik in brani come nel singolo "Alley Cat", "Move On Through" e nella ballad "Long Way Home", cantata nel finale anche dalla sorella di Karevik, Jenny. Da citare anche le influenze power nella opener "Wiseman" o nel ritornello particolarmente ispirato di "The Angelmaker". La band in "King Of Withewater", brano nella media, tocca anche il Symphonic, grazie agli splendidi arrangiamenti di violino di Arto Järvelä. E fino a qui sembra un buon disco, senza infamia e senza lode.
Ma non è finita qui: il brano più lungo e complesso dell'album, ovvero la title-track, dura mezz'ora; e in questa mezz'ora il gruppo riassume tutto il lavoro della band, dagli inizi fino ad ora. Il bellissimo testo è ispirato a un racconto di Harry Martinson e racconta la storia di una nave spaziale che finisce alla deriva nello spazio. Così la suite sembra una raccolta di brani uniti tra di loro, a formare una specie di concept. Musicalmente, questa suite, alternando momenti acustici e accelerazioni monumentali, permette ai Seventh Wonder di sfoggiare il meglio di loro stessi. Da sottolineare l'intro acustico e la meravigliosa parte finale.
E con la title-track finisce anche il disco; certo, non un maestoso capolavoro, ma la band ha dimostrato le potenzialità per realizzarlo. Sono evidenti le citazioni di gruppi come Dream Theater e Symphony X, ma la cosa che stupisce è che mantengono la loro identità e un loro sound senza mai cadere nel banale, cercando di realizzare qualcosa di imponente e importante. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova corrente. Per tutte queste ragioni, l'album potrebbe tranquillamente candidarsi a miglior disco progressive del 2010. Così, i Seventh Wonder hanno lasciato intendere che il prossimo lavoro potrebbe essere la loro definitiva consacrazione al Progressive Metal. Intanto godiamoci i loro dischi.
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