E' incredibile come Shawn Phillips sia rimasto una figura enigmatica rispetto all'importanza che avuto nel panorama musicale degli anni '70.

Songwriter eccezionale, musicista talentuoso in grado di padroneggiare la chitarra acustica ed elettrica, la 6 e 12 corde, la Gibson "doppio collo" e il sitar (uno dei primi ad usarlo dopo aver visto dal vivo Ravi Shankar). Capace di una estensione vocale impressionante dal baritono al contralto, una di quelle voci che mettono i brividi ad ascoltarla, l'ideale per quel turbinio di folk- rock- blues -jazz-pop e progressive che riveste le sue canzoni..

I paragoni fanno sempre male, ma qui aleggia lo spirito di Jeff Buckley di "Grace"... vent'anni prima! Infatti "Second contribution" risale al 1970, durante il "periodo italiano" di questo giramondo texano che si stabilì a Positano dopo aver rotto la collaborazione a Londra con Donovan (pare che la famosa "Season of the Witch" fosse sua).

Il primo lato dell'album è un capolavoro assoluto, quasi un medley. Attacca sommessamente con "She Was Waitin' for Her Mother at the Station in Torino and You Know I Love You Baby But It's Getting Too Heavy to Laugh" (altrimenti sinteticamente conosciuta come "Woman of the Land"), qui la voce non ha bisogno di strumenti per creare un'atmosfera che subito capisci ti fotterà per tutto il resto del disco. Shawn comincia ad estendere le corde vocali supportato dal pianoforte e dal basso e poi non c'è più scampo... bisogna solo perdersi nel maelstrom della voce e del crescendo orchestrale. Stacco di batteria, basso sincopato e via con "Keep on", Shawn invita Mama a tornare a casa, qui non dovrà più vagabondare, gli arrangiamenti fiatistici di Paul Buckmaster sfociano senza interruzione nel riff di chitarra elettrica di "Sleepwalker" e poi nella bellissima "Song for Mr. C".

Qua ti arrendi completamente alla voce che incalza portandosi appresso "...the trumps and the down home dumps", un crescendo r&b entusiasmante che trova la sua logica pace nel folk di "The Ballad of Casey Diess", dalla quale si intuisce la collaborazione di Phillips con i Traffic di "John Barleycorn". Che dire: una prima facciata che ti lascia senza fiato per la sua bellezza. Ma la seconda ti stende subito con una "Song for Sagittarians" che vorresti avere ballato stretto alla ragazza che ti ha spezzato il cuore prima di andarsene per sempre e poi dopo una "Lookin'Up Lookin Down" che ti invita a prenderla con calma mentre lui, Shawn, va forte, con la voce dura che poi sfocia in un falsetto frantuma-bicchieri. Gli altri brani del disco sono perlopiù strumentali di grande intensità e la conclusiva "Steel Eyes" suonata con la 12 corde della copertina rimanda alla collaborazione con Donovan.

Un artista di culto e di talento che ancora oggi suona nei vari festival in giro per il mondo ed ha il suo seguito, uno che ha suonato solo e sempre la sua musica senza abbassarsi alle regole del mercato o delle case discografiche e forse per questo non ha mai avuto il successo che merita.

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