Gli Shearwater sono una scoperta che l'ascoltatore medio di indie-rock fa mentre in pomeriggi uccisi dalla noia vaga in internet alla ricerca di notizie di nullo interesse intorno agli Okkervil River. Allora scopre che da anni Will Sheff e Jonathan Meiburg coltivano un progetto parallelo alla band, col nome ornitologico di Shearwater. Perché è Meiburg il vero leader degli Shearwater, e Meiburg è appassionato di ornitologia, da cui anche il titolo di questo disco, la sua copertina, ma fortunatamente non le sonorità. La musica new age non abita qui.
È certo che, in questo disco del 2004, gli Shearwater non appaiono ancora un'entità autonoma, ben distinta dagli Okkervil River, non solo perché cinque dei dodici pezzi sono cantati da Sheff. Ascoltatevi "My Good Deed": in qualsiasi disco degli Okkervil potrebbe fare la sua splendida figura, sfoggiando la sua acustica folk, la sua melodia nostalgica, il suo crescendo un po' zoppo e sgangherato. O sentitevi per bene "A Makeover" o "The Convert": Okkervil River nella forma migliore. Convincono meno, magari, i pezzi in cui Sheff rallenta troppo, come "The Set Table" o "Wedding Bells Are Breaking Up That Old Gang Of Mine" (strano, perché i bei titoli di Sheff, di solito, nascondono bei pezzi). Ma quella è la stoffa, quello è lo stile.
Il fatto è che in questo "Winged Life" si avverte la convivenza di due dischi diversi: quello di Sheff, dalle sonorità totalmente okkervilliane, e quello di Meiburg, più invernale e sofisticato. La diversità si coglie subito, anche al primo ascolto, sentendo l'opposta natura delle due voci: calda e sghemba quella di Sheff, quasi androgina e bizantina quella di Meiburg. Ne nascono linee più sinuose, melodie più complesse, e in generale uno stile meno accomodante, più distaccato. Non, si badi, meno affascinante. Basta perdersi tra le campate autunnali e gli arpeggi di "A Hush" o nei bellissimi squarci melodici di "St. Mary's Walk" (da lungomare nordico) e di "The World In 1984", folk-rock beatlesiano scandito da un piano evocativo e pieno di foglie morte. Ed è affascinante sentire come lo stesso indie folk nostalgico si tinga di sfumature diverse nelle due interpretazioni, con tinte che sfociano lentamente le une nelle altre (e non a caso la successione del disco prevede una quasi geometrica alternanza tra le due voci), come i toni di un tramonto, da quelli più caldi a quelli più freddi.
La doppia faccia del disco, insomma, finisce per risultare più un arricchimento che un punto debole. "Winged Life" è un album che fa bene, che sa di autunni di sole, che fotografa una band pronta al grande salto. Salto che è stato il recente "Palo Santo"; ma è un'altra storia, fredda, depressa e incupita. Intanto qualche sole caldo c'è ancora, e tanto vale guardarlo dalla prospettiva alata e leggera di questo disco.
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