è passato un sacco di tempo da quando scrivevo di Sheryl Crow su queste pagine virtuali; molti non erano ancora qui quando di tanto in tanto comparivano in questa homepage recensioni dai toni adoranti e pseudo-elegiaci su questa poliedrica artista, firmate dal mio precursore-fake-alter ego. Non che i più "giovani" si siano persi granchè, intendiamoci, voglio dire solamente che negli ultimi anni Sheryl Crow l'ho un po' persa di vista, ma mai dimenticata. Di lei mi ha sempre affascinato la sua storia personale; dal Missouri Bootheel, uno sperduto e impoverito angolo di America rurale alla celebrità, arrivata dopo una lunga gavetta e soprattutto pienamente meritata, a suon di grandi canzoni e si, anche un bel po' di "patina" e cura della propria immagine; il che non mi dava fastidio all'epoca e di certo non mi dà fastidio adesso che sono molto, ma molto meno "anima candida" di allora.
E poi "100 Miles From Memphis", il suo penultimo album: ricordo molto vagamente uno scialbo pastrocchio blues-wannabe, senza carattere, senza convinzione, che mi ha allontanato da Sheryl Crow per molti anni. Ci siamo riavvicinati in maniera del tutto casuale, "Feels Like Home" è datato 2013, ma fino a poche settimane fà manco sapevo della sua esistenza. Interprete eclettica fin dagli esordi, qui Sheryl ha voluto concentrarsi su una dei vari stili presenti nel suo repertorio: il country, a cui alcuni la associano da sempre, sbagliando (in parte). L'album è stato registrato a Nashville (e dove, altrimenti?) ed è piacevole, semplice e comunicativo come da tradizione del genere. Prevalentemente elettrico, moderno e radiofonico, senza particolari artifici e sufficientemente variegato per offire un'esperienza piacevole e duratura nel tempo. Un graditissimo ritorno quindi, pienamente in linea con le mie migliori aspettative: tante sfumature, partendo dal ruspante flavour southern-rock di "Shotgun" ad una sognante e malinconica serenata orchestrata come "Waterproof Mascara", con il suo perfetto feeling neo-vintage, e poi le sonorità spigliate, solari e intrise di ironia di "Crazy Ain't Original" e "We Ought Be Drinkin'". Un paio di puntatine nel rock n' roll classicheggiante con "Nobody's Business" e "Best Of Times", quest'ultima più incisiva e "genuina", poi tante ballate, variegate e tutte ben concepite, soprattutto la delicata e semicaustica "Stay At Home Mother" e "Give It To Me" con il suo coivolgente crascendo, ma anche "Easy" e "Call Me When I'm Lonely", singoli smaccatamente radiofonici, per il loro genere sono impeccabili.
Ma la cosa che più mi ha soddisfatto è stata il riscoprire la voce di Sheryl Crow, che ho difficoltà a descrivere senza scadere nel melenso: diciamo solo che su di me ha ancora un fascino del tutto particolare, inutile dirmi cose come "è commerciale, ruffiana, sopravvalutata, tizia, caia o sempronia fanno roba d'altro spessore"; me ne frego totalmente, per me Sheryl è Sheryl, e basta. Ottima anche la scelta di puntare sul country, "Feels Like Home" è un album dal mood molto "tiepide sere e birra fresca", quindi per questo periodo và benissimo, e poi il mio lato pseudo-redneck gradisce assai. Gli sto facendo prendere un po' troppo piede? Forse si. Dovrei preoccuparmene? Naah... In ogni caso, complimenti a Sheryl, e a questo punto mi toccherà rispolverare tutto il suo repertorio 1993-2008. Mi farà bene? Credo proprio di sì.
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