Pensate che sia impossibile un album Rock contenente più di 30 strumenti diversi e scritto in giapponese antico?
Eppure chitarra elettrica, batteria, organo, basso elettrico, hurdy-gurdy, bender, beats elettronici, koto, orchestra d'archi, mellotron, telecaster, contrabbasso, flauto, violino, didjeridoo, percussioni, violoncello, viola, ottoni, pianoforte, fischietto, clavicembalo, corno, shamisen, armonica, flauto inglese, marimba, harmonium e il koto da bocca convivono in perfetta armonia in "Kalk Samen Kuri No Hana" (Cloro, Sperma, Fiori di Castagno) ultimo enorme, sontuoso album della rocker giapponese Shiina Ringo, che da sempre si è contraddistinta come una delle menti geniali del Rock del sollevante.
Con "Kalk Samen Kuri No Hana" Ringo crea la visione del suo mondo, dove antico giappone e rock convivono in un'atmosfera eclettica e poliglotta, alla ricerca della "perfetta tazza di the verde giapponese".

L'album inizia con "Shuukyou" (Religione), aprendosi con una maestosa orchestra interrotta bruscamente da canti tradizionali giapponesi, resi distanti dall'eco e dal pizzicato del Koto. Ecco che però, l'album dimostra di vivere in un mondo suo: l'atmosfera di antico Giappone che si era sapientemente creata viene distrutta da una batteria distorta, un basso prepotente e quegli stessi cori tradizionali esasperati e strazianti. La canzone successivamente si trasforma in musical e improvvisamente termina con beats elettronici e voci sovrapposte. Cacofonia? Vi potreste domandare. Invece ogni strumento e ogni intervento del genio indiscusso di Ringo è al suo posto, e si colloca perfettamente anche in ambienti sonori estranei al nostro modo di pensare.
Altro picco dell'album lo si ha con "Kuki" (Stelo). Melodie sognanti accompagnate dagli archi e dal basso, intervallate da pause di sperimentazione strumentale e per finire, negli ultimi attimi del brano, percussioni rimbombanti e piano sostenuto, con la voce di Ringo che fa da cornice melodica. Dello stesso brano, molto bella anche la versione contenuta nel singolo "Stem", ricantata in inglese e accompagnata solamente da un'orchestra in stile film anni '30.
Per gli amanti delle atmosfere da cartoon e da circo c'è "Poltergeist". Un organetto accompagnato da campanellini, pifferi e addirittura il rumore del treno che passa ci mostra una Ringo giocosa e dolce. L'album si conclude "mastodonticamente", così come è iniziato. In "Sourestsu" (Funerale) Ringo diventa un'impassibile e fredda sacerdotessa. Il brano si apre con atmosfere indiane portate all'esasperazione, poi sopraggiunge un organo imponente e il "coito" si interrompe bruscamente in mezzo ad un rock assordante, condito da voci sinistre e lontane. Per chi possedesse la versione limitata dell'album, c'è un ultima chicca: la dolcissima "Ichijiku No Hana" (Fiori di Fico), dove un chitarra acustica gioca a cullarci insieme alla roca e quasi stentata voce di Ringo. Una vera e propria ninna-nanna acustica, arricchita da qualche piccolo suono elettronico sommesso.

Questo è un album appartenente alla categoria "O si odia o si ama". Non avete ancora trovato la vostra perfetta tazza di the verde giapponese?

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