Tetsuo - The Iron Man
E’ praticamente impossibile restare indifferenti davanti alla visione di questa pellicola del 1989, opera prima di Shinya Tsukamoto che vinse il FantaFestival di Roma proprio in quell’anno.
Un film questo “Tetsuo, the Iron Man” a cui si associano automaticamente aggettivi quali sconvolgente, ansioso, terrificante, allucinante e via di questo passo. Potrebbe perfino risultare “fastidioso” a un appassionato di generi come l’horror o lo splatter-movie, tale è la “crudezza” narrativa fuori dagli schemi occidentali di racconto e la potenza visionaria di certe immagini fatte anche di squenze davvero sconcertanti. La trama, anche qui, è poca cosa e serve come base di appoggio per l’incredibile escalation infernale che il protagonista subirà nell’arco dell’oretta abbondante del film.
Si narra infatti di un uomo qualunque che, facendosi la barba una mattina, scopre casualmente uno strano filo che gli esce dal viso (momento di pirandelliana memoria). Nel tentativo di toglierlo si ferisce e scopre così che il filo stesso era di metallo. Da quel momento, comincerà una lenta e inesorabile trasformazione in una specie di cyborg rivestito dentro e fuori di metallo. Un metallo-cancro che si espande ovunque a ritmi sempre più veloci e che fa assumere alla telecamera gli stessi ritmi e la stessa schizofrenia del protagonista. Una specie di virus simbolico che, dall’uomo, ricopre e contagia tutto il mondo.
Ma il film è anche un uso originale di sequenze animate a passo uno, con parti girate in uno strepitoso bianco e nero in 16 mm e momenti lisergici e davvero fuori di testa, montati in progressione e in totale sintonia con la “disumanizzazione” del protagonista.
Montaggio frenetico che deve moltissimo alle installazione di video-arte estrema con un'attenzione ossessiva, morbosa e “davvero malata” nel mostrare i dettagli della contaminazione metallica che subirà il protagonista (e noi con lui).
Anche le poche scene di sesso esistenti (come non citare il pene-trapano, con la quale il protagonista ammazza la propria fidanzata?) giocano sui temi che saranno sempre cari al regista: la trasformazione del corpo e il sesso visto come deviazione (non molto lontano dal Cronenberg).
Da un punto di vista prettamente cinematografico il film soffre forse di una “prevedibilità” schematica e, stabilito inizialmente il plot della trasformazione del protagonista, il film, narrativamente parlando, diventa poco più che un pretesto per inquadrature frenetiche, scontri, guerre, flash subliminali come fossimo all’interno di una specie di videogioco impazzito con nessuna possibilità di controllo, tra un serratissimo montaggio da videoclip, scarna presenza di dialoghi, lo stridere delle musiche tecno e noise, un bianco e nero stridente come pochi e l’intrusione random di sequenze quasi impossibili da decifrare, tant'è che ancor oggi difficilmente si è trovata un'interpretazione univoca sul significato ultimo di questo film, diventato nel frattempo un vero e proprio Cult-Movie del genere e aprendo la strada a centinaia di emuli che difficilmente raggiunsero la visionarietà dell'originale.
Uno dei film più angoscianti che abbia mai visto la cui visione creò in me (alla allora veneranda età di ben 32 anni!) uno sconvolgimento vero e tangibile che non fece chiudere occhio per due sere di fila nè a me nè alla mia povera moglia appena incinta.
Film da maneggiare con cura e non adatto a soggetti facilmente impressionabili.
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