Stressante il tempo pieno a scuola. Se poi durante l'elegiastica pausa pranzo gli insegnanti ti assegnano il compito di ripulire la classe, beh, allora deve essere un incubo. La campanella non suona mai, il professore sembra parlare in arabo e ti senti stanco e vittimizzato. Qualche bigliettino di un compagno vicino lascia passare il tempo più allegramente. Ed infine, la campanella. I cancelli del liceo si aprono e i vari studenti imboccano la metropolitana, che li porterà alla propria casa. Ma ecco che accade l'impensabile: cinquantaquattro ragazze si gettano sotto il treno in corsa. Una musichetta infantile accompagna il macabro suicidio di massa, mentre il sangue schizza a fiotti sui vetri del treno e sui passanti ignari.
Parte così "Suicide Club", film cult di uno dei più visionari registi giapponesi di sempre, che porta il nome di Shion Sono. Degno successore di Miike, il giovane ex regista di porno scava nell'inconscio umano denunciando il sistema scolastico e la tecnologia.
Il regista rinuncia ai fantasmi orientali e se ne infischia delle flebili atmosfere oscure degli altri film horror orientali, premendo l'accelleratore sullo splatter più esplicito.
Alt! Ma questo è davvero un horror? O la riproduzione più oscura di una triste realtà? Dove il suicidio è metaforico: la personalità, l'anima di una persone trova la via dell'autodistruzione per essere piaciuta agli altri.
E via con i suicidi che snodano la vicenda in tante strade. Sono realizza un'opera complessa, dove ci sono indizi devianti (un rotolo di pelle umana ritrovato in una borsa sul luogo del suicidio di massa), scene del più esplicito gore disgustoso (da ricordare la casalinga che anzichè tagliare il formaggio, finisce per tagliarsi in tanti piccoli pezzi la mano) e metafore (il misterioso ed enigmatico finale).
Una ragazza a cui è morto il ragazzo suicida tenta di indagare sul mistero, ma dopotutto è solo un elemento estraneo alla vicenda. é un elemento deviante che Sono ha inserito per impregnare ancora di più di mistero la vicenda. Perchè non esiste un film che accumuli così tante domande e così poche risposte.
Chi è la causa dei continui suicidi?
Una band pop di ragazzine che cantano canzoni con messaggi subliminali? Una band punk che squarta ragazze? Un criptico sito di chat?
Nessuno lo sa. A partire del regista stesso, che rifiuta la risoluzione del mistero, per concentrarsi sulla psicologia dei personaggi, così diversi tra di loro, eppure marionette del destino incombente.
Uno dei più estremi e strambi film mai realizzati, dove il sangue scorre a fiumi, ma dove assume un profondo significato di morte psicologica. Da vedere.
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