Mi è sempre stata simpatica la Scandinavia, fin da bambino, quando per divertimento sfogliavo l'atlante geografico alla scoperta di luoghi che mi apparivano lontani e magici. Un viaggio sulla carta, sfogliando pagina dopo pagina, in cui quei posti lì a nord eran sempre una tappa prefissata. D'altronde il viaggio sia fisico o mentale è tutto quello che conta, no? Ok, lasciamo stare Céline. Pigliamo così, alla cieca, la Svezia. La scena di Umeå, il sound di Göteborg o ancora Stoccolma, insomma delle città che non hanno bisogno di ulteriori presentazioni quando si tratta di estrarre dal cilindro artisti dediti a certe sonorità sopra le righe. Ultimamente c'è un sottobosco molto fitto, pregno di piccole realtà che cercano di emergere e che sta costituendo un bel focolare per il punk svedese. O meglio, quello con velleità emotive, che risponde all'identikit di screamo, anche se stasera son tentato nel far il geek della situazione e usare skramz. Non è un caso che da qua vengano dei pilastri europei del genere, i Suis La Lune, ora ritornati in carreggiata dopo anni di pausa. Nel frattempo gli altri però non si son fermati e di nomi interessanti ne son fioriti abbastanza. Questa volta è il turno degli Shirokuma. Ora, non so voi, ma io la prima cosa che faccio quando scopro una band di cui non mi sia mai arrivata voce è stalkerare leggermente (ma giusto leggermente sottolineo, eh) sul potentissimo uorld uaid ueb qualche informazione. Non è stato semplice per loro. Un po' perché a cercare il loro monicker mi saltano fuori notizie di un anime giapponese che vede un orso polare impegnato a gestire una gelateria. E un po' perché se volessi cercar da dove vengono, ovverosia Söderhamn, il Sacro Gugol mi risponderebbe con la collezione di sedie da soggiorno dell'IKEA. Maledetti. Potrebbe esser un product placement mica da ridere se trilioni di persone ascoltassero tali Shirokuma. Vabbè, io non vi parlo di arredamento e design, ma di "Sun Won't Set" uscito nel maggio dell'anno passato per la Dog Knights, etichetta indipendente con base a Brighton che a roster riesce a tirar fuori sempre più di un gruppo intrigante. Tipo gli Shizune, i nostri italianissimi alle prese con l'esordio "Le Voyageur Imprudent", ma questa è un'altra storia. Il disco è una bomba comunque, pigliatelo. Un po' come questo qui.

Nonostante il sole tardi a sorgere oppure proprio non abbia voglia di far la sua comparsa fra minacciose nubi la musica degli Shirokuma non è così cupa e disperata come si potrebbe pensare. Si sanno, i canoni del genere son quelli, non si scappa manco volendo. Le coordinate non possono spostarsi più di tanto, non perché sia impossibile sperimentare, ma è che se si vuol parlare di screamo la prerogativa di una sofferenza ben celata che tumultuosa accumula sempre più vigore per poi sfogarsi in un'onda che sarebbe difficilmente cavalcabile pure da Kelly Slater dei tempi d'oro è d'obbligo. Questi ragazzi svedesi non smentiscono la tradizione, ma la melodia gioca un fattore determinante. E fate attenzione, quando parlo di melodia per una volta non voglio riferirmi a influenze post rock che allungano composizioni sopra composizioni, minutaggi sopra minutaggi con l'effetto di apparir ridondanti e stucchevoli. Qui si è davanti a soli nove pezzi, di cui uno è un outro strumentale composto da dolci arpeggi che lentamente cercan di librarsi in aria, per poi svanire nell'ombra. Il resto è un gioco di equilibri, un vero e proprio chiaroscuro dove i nostri ricamano un'aggressività spigolosa in grado d'intrecciarsi con frangenti più luminosi, a cui spetta il compito di dissipare dubbi e timori. C'è una volontà di voler cercar la propria strada, di percorrerla con testardaggine e di restituire linfa vitale agli attimi più profondi del platter. I quali non mancano affatto, ma dal fondale di un freddo oceano si rivolge lo sguardo verso flebili raggi solari e contro ogni avversità si prova a risalire. Lentamente e impetuosi, per non soffocare, aiutandosi con l'energia di cui "Sun Won't Set" trabocca.

È il trionfo di un immaginario in cui l'atmosfera che si respira la potete pescare in un quadro a random di Friedrich. Ci si lascia trasportare dalle emozioni che passano fulmineamente dalla rassegnazione alla speranza, con quest'ultima a prevalere fra gli stop'n'go che spezzano ogni fragilità. Gli Shirokuma son sempre lì presenti a calcar la mano, con una particolarità non indifferente, tempestati da un'ispirazione che li porta a giocarsi soffusi passaggi di pianoforte, sing-along malinconici e strutture che iniziano il loro tragitto in modo tenue per poi disegnare con caparbietà dei climax di gran impatto. Le ritmiche s'arrampicano e si lascian cader nel vuoto alla ricerca di nuove direzioni da seguire in un batter d'occhio. Sembra proprio che i nostri abbiano trovato la personalissima formula per far sì che con i loro pezzi ci si riesca a risvegliare dal torpore di un gelido letargo e tuffarsi in acqua per un bagno primaverile liberatorio. La carta vincente alla fin fine però è il saper dar un'anima a ognuna delle composizioni presenti qui dentro. Ci son degli intenti ben precisi, non sparano le loro cartucce a casaccio come dei novelli Liam Neeson sperando di beccar il pezzo giusto. Oh, ve lo dico, era da un bel po' che non ascoltavo così soddisfatto una new entry nel mondo screamo. Il solco lasciato dai Suis La Lune deve aver proprio impartito una bella lezione a questi ragazzini, non c'è che dire e se questi son gli inizi il futuro potrebbe esser solo più radioso.


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