La parola psybient non vi dice nulla, o peggio, non conoscete nemmeno un disco del genere? Non importa, nel marasma di nomi -e cloni- di questo genere 'allucinato' che mischia gli stilemi di goa israeliana e psy-trance a-là Infected Mushroom, Juno Reactor e Astral Projection ai ritmi del downtempo progressivo anni novanta di Leftfield e Banco de Gaia, sono davvero pochi quelli che possono dirsi originali, realmente psichedelici e creatori di opere riuscite al 100 %.
Simon Postford, inglese, celebrato produttore dai mille trucchi sul cassetto, responsabile di quel mostro che rispondeva al nome di Hallucinogen (seminale progetto goa) e il folle vecchietto australiano Raja Ram, fonte dei visionari, serpeggianti, languidi e lunghi solo di flauto, sono gli Shpongle, prima ancora che una strana coppia, entità che, malgrado recenti cadute di tono e chiara incapacità di rinnovarsi, è indubbiamente tra questi nomi, e se percaso doveste decidere di ascoltare un solo disco di psybient che sia uno, assicuratevi che sia il maestoso debutto di tale coppia, quel "Are You Shpongled?", 1998, che è ormai a tutti gli effetti una pietra miliare, non solo della realtà psybient, ma dell'elettronica tutta in particolare.
E' proprio questo disco a lanciare e delineare del tutto questo genere intriso di misticismo e dal sound psichedelico e misterioso, ma che ha appunto il difetto di non essersi mai saputo rinnovare del tutto, riproponendo quasi sempre gli stilemi dell'alchimia che l'ormai famosissimo duo lancia su questo lavoro. Come lasciano intravedere "Shpongle Falls", "Monster Hit" e "Behind Closed Eyelids" non manca proprio nulla di questi stilemi, poi a tutti gli effetti linee-guida del genere: arrangiamenti minuziosi curati nel più minimo dettaglio, durate prolungate formato suite di scuola progressive (venti minuti la traccia più lunga), tempi molto lenti, cambi dispari, beat solidi, psicotiche divagazioni ambient, bassi dub, synth acidi, progressioni armoniche che prendono da mamma goa (i classici 'synth parlanti') cosi come dal pathos della cosmic music dei Tangerine Dream (arpeggi dilatati di synth). E poi ancora mantra orientaleggianti tra sacro e profano con i tipici strumenti di varie tradizioni (tabla, fiati, droni di sitar, didgeridoo, gamelan, vocaleggi mantrici), e quindi richiami ad un certo tipo di ritual ambient dai risvolti più etnici ed equatoriali (vedi mostri sacri del calibro di Robert Rich, Jon Hassell, Jorge Reyes..) che lavorando molto sul concetto di ipnotismo portano subito a scenari surreli più che esotici, foreste equatoriali abbandonate e viaggi estatici piuttosto che oasi paesaggistico-sonore meditative più tipiche di certa new age di serie b.
Non mancano ovviamente i classici inni all'LSD che hanno caratterizzato l'intero movimento e le creature di Simon (citazioni del guru Terence McKenna, produzione sempre ed unicamente sotto acido, si dice, arwork grotteschi, bong piazzati un po ovunque) come anche i richiami al prog, che non sono certo limitati alla natura degli arrangiamenti e al formato suite (basti sentire il flauto crimsoniano di "Vapour Rumours" o la psichedelia floydiana di "... and the Day Turned to Night"). Nota dovuta per la produzione, che come ogni produzione psy che si rispetti è ultra-stratificata, varia, densa e progressiva - e dunque con ripetizioni ridotte all'osso - ma il tutto moltiplicato per dieci se dietro le macchine troviamo Hallucinogen (non solo il concetto di loop non esiste, ma ci saranno ad occhio e croce 200/300 suoni, effetti e synth per pezzo.. il miglior esempio è sicuramente "Divine Moments of Truth") e in tal senso il flauto del veterano settantenne Raja Ram è il giusto complemento organico alle fatiche di Postford, tessendo sempre fraseggi allucinati e vaporosi che incrementano quel tocco di profano e il bilanciamento tra acustica/elettronica che non manca mai.
Un masterpiece da tempo riconosciuto, un disco che ha già visto sei ristampe in tredici anni, facendo regolarmente sold-out, un capolavoro senzatempo e massimo momento del genio di Shpongle.
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