"World Psychedelic Classics 2: California Soul" recita una scritta apposta sulla copertina di  quest'album.

Ascoltando però la versione rimasterizzata del terzo lavoro dell'allora ventiduenne Shuggie Otis non è difficile comprendere perché Sean O'Hagan degli High Llamas abbia voluto - sia stato chiamato a - scrivere alcune delle note all'interno dell'allegato booklet. Non parlerei di etichetta fuorviante, a ben vedere però di psichedelia ce n'è ben poca, eccezion fatta per i tredici minuti finali di "Freedom Flight" (un titolo, un programma), che rimanda direttamente alla grande stagione californiana degli acid tests con Jerry Garcia sugli scudi.

Ma qui siamo nel 1974. Musicalmente possiamo, a ragione, parlare di un periodo ibrido: con la prolifica stagione del progressive al crepuscolo e il nascente punk ancora impalpabile all'orizzonte, i musicisti di colore, quasi sempre insensibili alle variopinte ed effimere correnti se ne stavano nel loro crogiuolo fatto di musica dell'anima e di un certo misticismo che si perde nella notte dei tempi.

Dei tredici brani qui presenti solo i primi nove per appena trentadue minuti di durata componevano l'album originario, mentre gli ultimi quattro sono estratti dal disco d'esordio di Shuggie Otis, compresa "Strawberry Letter 23" sicuramente il brano di maggior impatto commerciale portato successivamente al successo dai Brothers Johnson. L'andamento soffuso ed etereo delle tracce strumentali (circa la metà), è da ricollegare ad un certo gusto per la melodia di non facile presa, tipico degli Steely Dan emulati in seguito, guarda caso, dagli High Llamas.

Figlio d'arte (suo papà Johnny noto R&B man) e chitarrista di un certo pregio, Shuggie Otis ha evocato accostamenti piuttosto impegnativi, leggi Sly Stone o Jimi Hendrix, senza tuttavia possederne il carisma e se vogliamo senza nemmeno percorrere gli stessi binari musicali. Fra gli epigoni che negli anni a venire si sono meritati di raccogliere il testimone di cotanta semina, viene spontaneo citare Prince, estremo sintetizzatore, centrifugatore e condensatore di decenni di black-music d'autore.

Dopo questo album praticamente calerà il sipario, ma almeno per un breve periodo è stato lecito ed appropriato riporre in lui più di una speranza per il futuro del pop-soul di un certo livello. Da riscoprire.

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