Nella vita le certezze sono importanti, ancora meglio se accompagnate da punti fermi anziché da fastidiose virgole e puntini di sospensione.

Penso a quando alle superiori il pomeriggio provavo a mettermi buono seduto a fare gli esercizi di algebra e le varie tipologie di equazioni. Mi impegnavo, ma finiva spesso che passavo un pomeriggio a dannarmi l'anima e disperarmi perché la soluzione data dal libro non corrispondeva con quella trovata da me. E finivo a fare le ore piccole mangiandomi nervosamente le unghie. Che brutti ricordi, che brutta bestia la matematica, fortuna che il liceo è bello che andato da tempo.
Altri tempi, altre storie certo, ma le certezze sono importanti. Ne abbiamo sempre bisogno, in ogni campo del quotidiano, che sia una persona accanto, la famiglia, gli amici, il lavoro, queste ci aiutano e ci fortificano e ci rendono le cose meno complicate.

I Sick Of It All sono una certezza in un campo magari più effimero ma comunque importante. Provenienti dal Queens (New York), attivi dal 1986 vengono fondati dai fratelli Lou (voce) e Pete Koller (chitarra), completano la formazione originale Armand Majidi alla batteria e Rich Cipriano con quest'ultimo che nel 1993 venne sostituito da Craig Setari al basso.

Si fanno i muscoli suonando e provando nel famoso (oggi ex) tempio musicale del CBGB e nel 1989 (anno importante per la scena con l'uscita anche di “Start Today” dei Gorilla Biscuits) esordiscono con “Blood, Sweat and No Tears”.
Il biglietto da visita non è secondario e contiene veri e propri fiori all'occhiello del punk hardcore newyorchese come “Stratch The Surface” (1994) e “Built To Last” (1997) vere e proprie prove di forza in controtendenza rispetto al periodo che vedeva l'esplosione in superficie delle correnti più melodiche del punk.
Sono innanzitutto integrità e storia del NYC, un concentrato di passione, sudore e impegno. E sembrano volercelo ricordare con questo breve ep di cinque pezzi con cui celebrano i 30 anni di attività.

Un Ep questo uscito per Century Media che mi ha sorpreso positivamente come da sempre in bilico tra staffilate ritmiche, rallentamenti granitici vicini a certo metalcore muscolare, influenza queste ben evidenti nelle prove post-Duemila (“Black Venom”) e piacevoli cori oi-punk più presenti che in passato ( ascoltate la sorprendente per loro melodia di “Doomed Campaign” e la finale “Fortress”)

Con un lungo tour mondiale e “When the Smoke Clears” i SOIA si autocelebrano in maniera degna e anziché ridursi a fare il solito inutile greatest hits ci danno in pasto cinque nuove canzoni che ne certificano salute, intensità e coerenza, doti non secondarie per chi suona un certo tipo di musica.

Tanti auguri.





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