Il disco è del 2017, ma essendone rimasto piacevolmente sorpreso e avendo scoperto che nessuno se n'è interessato (evvai!) allora corro ai ripari. I Sick Tamburo hanno un mood che definire "dark" è poco. Secondo me canzoni come "La mia mano sola" o "Ho bisogno di parlarti" sono la loro vera natura e se si ricorre al background Prozac+ si deve piombare in un'oscurità ancora più nera.
Ma è proprio per il seguente motivo che sono piacevolmente stupito da "Un giorno nuovo": come dice la title track, c'è una svolta nella poetica del gruppo, ed è di una portata enorme. Gianmaria ed Elisabetta ci mostrano un lato di serena rassegnazione che non si trova in tutti i loro precedenti lavori. L'album è costruito su un macro-dialogo, da un lato Accusani canta la speranza e dall'altro Elisabetta canta la malattia, il cancro, tema difficle ovviamente (non so se sia esperienza personale loro o di amici o di familiari, dagli articoli che ho letto non capisco e non vogli dire cose assurde, mi limito alla tematica del disco).
Parto dal fondo, "La fine della chemio" è il manifesto dell'album: "i tuoi capelli lunghi, quelli cresceranno di un colore che è un incanto / e se non cresceranno allora sai ti dico, allora starai meglio senza"; cioè la vita è bellissima, è pura energia, noi ce ne fottiamo altamente del dolore perchè abbiamo il dovere di vivere, con gioia, nonostante tutto; scusate il citazionismo ma è toccante: "insieme rideremo e non ricorderemo, non ricorderemo niente / ricostruiremo tutto ma si fa anche quello dopo un sogno che si è infranto". E quindi a noi tocca semplicemente ammirare la forza del messagio e farci un esame di coscienza se viviamo lamentandoci di qualcosa che non sia almeno così grave quanto ciò di cui i Sick stanno parlando. L'altra traccia che inneggia all'umanità è "Un giorno nuovo" ovviamente, un'altra ventata di speranza e di umanesimo. A ben vedere si tratta non di umanesimo vero e proprio ma di un nuovo corso del nichilismo: dopo aver guardato nell'abisso, ci siamo fatti guardare dentro e ne abbiamo sopportato il confronto; quindi siamo pronti a vivere guardando avanti, non più in basso. Senza Dio, senza credenze, senza pensare ad altro se non a cosa siamo qui, adesso ("hic et nunc" dicono gli intellettuali, così li soddisfiamo): "non sprechiamo parole, godiamoci quel che abbiamo qui, oh si [...] apriamo gli occhi e capiamo come un sorriso ci porti via / lontano da sogni e pensieri, se ci stringiamo nella realtà".
Il contraltare di questo idillio dell'esistenza è dato da Elisabetta, con "Dedicato a me", torna il suono cupo con la sua voce tagliente; si tratta dell'espressione massima di un egoismo frutto della sofferenza di chi sta chiudendo il suo sguardo dentro di sè, perchè il mondo non conta più nulla ormai, per chi si trova in certe situazioni: "oggi è un giorno speciale / tutto è dedicato a me [...] guardami dal basso in su [...] c'è un animale dentro che / si mangerà anche me non proverò dolore". Nient'altro da aggiungere.
Ci sono poi gli amori malati raccontati da Gianmaria tra "Con prepotenza" e "Sei il mio demone" (a mio giudizio canzone anello debole dell'album), amori ipnotici e vivi, pieni di libidine e autenticità. C'è malinconia per il passato (Eva, porca vacca, dove sei?) ma allo stesso tempo c'è serena accettazione del tempo che passa in "Ad altro siamo pronti"; talmente tanto consapevoli che siamo anche pronti al trapasso "Oltre la collina", sempre con profonda serenità e accettazione della nostra parabola vitale.
Insomma, è un bellissimo viaggio esistenziale e vi dirò di più: non è il canto che scaccia l'inquietudine, è il canto che permette di affrontarla, di vincerla, e quindi è molto più della spensieratezza che ognuno di noi cerca per non pensare a cose troppo difficili da approcciare. La musica è più leggera, si vira decisamente sul pop ma va benissimo così perchè è tutto autentico; c'è poco dei picchi distorti e metallosi dei lavori precedenti. I Sick Tamburo hanno mostrato a tutti come la semplicità sia la chiave di tutto. Chiudo dicendo che il magnetismo provocato dalla voce di Gianmaria è qualcosa di difficile da dimenticare, entra dentro e non esce più (almeno per me).
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