- Sai a chi hanno sparato? A Serpico.

- E chi è stato? Un poliziotto?

- C'erano almeno 6 poliziotti pronti a farlo.

Al Pacino, dopo la leggendaria prova ne "Il Padrino" nel ruolo di Michael Corleone, si trova questa volta a rivestire i panni dell'agente Frank Serpico. Una storia vera, quella dell'agente italoamericano che tra gli anni 60 e 70 si rese, suo malgrado, famoso per la sua battaglia contro il sistema estremamente corrotto della polizia americana. Da questa vicenda ne sono scaturiti un libro prima, e poi appunto questa pellicola diretta da Sidney Lumet nel '73.

Il film, che parte dalla fine per ripercorrere poi tutta la storia tramite effetto flashback, porta da subito lo spettatore ad affezionarsi al personaggio, fin da quando lo si vede a fine corso e poi entrare in distretto la prima volta. Un personaggio fortemente anticonformista. Come quando in un bar, al momento di pranzare, vorrebbe pagare di tasca sua piuttosto che mangiare un pasto gratis ma che non avrebbe voluto. Un particolare questo forse minore, ma che aiuta a capire immediatamente il profilo del protagonista. Da subito non predisposto a seguire, ad esempio, i metodi violenti dei colleghi. Da subito si distingue per voglia e professionalità, decisamente superiori rispetto alla media del distretto. Si trova già di fronte a situazioni paradossali, e per questo chiede subito un trasferimento. I veri problemi arriveranno proprio quando - appena trasferito nel nuovo posto di lavoro come agente in borghese - come se fosse la cosa più normale del mondo, colleghi e superiori cominceranno ad offrirgli "le sue parti", ovvero le famose bustarelle.

Serpico si trova quindi di fronte ad una situazione desolante. Quello che colpisce è, come detto, la disarmante normalità in cui si svolgono i fatti, in cui tutti gli agenti si lasciano corrompere senza minimo ritegno. Una vicenda, certo non nuova, che colpisce lo spettatore proprio per questo aspetto. Così Serpico si trova subito ad essere una mosca bianca. Inutili risulteranno ulteriori traferimenti: quale che sia il distretto, quale che sia la sezione, la solfa sarà sempre la stessa. E non troverà certo fortuna nel denunciare i fatti nè ai superiori, nè neppure al sindaco.

"E' una cosa buffa: mi fanno passare per un criminale perchè rifiuto i soldi"

Osteggiato, additato, mobbizzato, isolato, intimidito anche nei peggiori modi. Minacciato fisicamente e psicologicamente. Intimato in tutti modi, con le buone e le cattive, di seguire e unirsi al gregge. Tutto questo perchè lui, di accettare le buste, proprio non ne voleva sapere. Il suo sarà un grido disperato. Una battagia questa, si capirà in fretta, persa in partenza. Una sempre più consapevole lotta contro i mulini a vento. Questa situazione senza ritorno lo porterà sull'orlo di una crisi isterica e nervosa e manderà completamente a puttane la sua vita privata.

Una volta riuscito finalmente (dopo anni) a denunciare le abitudini generali, arriverà l'ultimo avvertimento : "può capitare che, magari, nel momento di tua difficoltà, qualcuno chiuda un occhio..."

Comunque vada a finire, indipendentemente da che fine faccia Serpico ( e non è comunque una bella fine ), il risulato era già scritto fin dalle eloquenti scene iniziali: meglio non lottare contro i mulini a vento.

Un film che è un violento atto di denuncia e che sensibilizza sull'incredibile, sconfortante stato della polizia americana di quegli anni, dominato da ruffiani e omertosi della peggiror specie. Anche se, come tutti sappiamo, la corruzione - in tutti gli ambiti e in tutti i paesi - c'è sempre stata e sempre ci sarà.

Grandissimo il mai troppo osannato Al Pacino (doppiato per la terza volta dall'indimenticato Ferruccio Amendola) - che metterà un altro tassello fondamentale per la sua ascesa proprio in mezzo i primi 2 capitoli della saga di Coppola (anche se questa interpretazione non gli varrà la statuetta battuto da Jack Lemmon) -diretto con maestria da Lumet. Ottima anche la colonna sonora. Se non un capolavoro assoluto, certamente un grandissimo film.

4,5

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