Nel 1986 arriva nei negozi con l'attesa dell'evento il frutto ultimato dei dieci anni rivoluzionari e allo stesso tempo reazionari che sono trascorsi dal primo terremoto punk. "Flaunt It", "Mettilo in bella mostra", dichiara il titolo. L'oggetto in questione non è altro che il manifesto del rock post-moderno.
Reduce dai mitici Generation X, il bassista Tony James elabora in anni passati in silenzio l'ultima frontiera della rock band. Sarebbe alquanto riduttivo dire che creando i Sigue Sigue Sputnik abbia semplicemente proposto una variante new wave al pop-punk del ruspante ex-gruppo gestito assieme a Billy Idol. In realtà il prodotto realizzato si pone come un'opera d'arte contemporanea, un mezzo per "diventare una star", l’ultima frontiera della canzone pop.
Come vent'anni prima si mettevano in copertina banane e jeans con cerniere apribili, adesso in omaggio alle nuove culture imperanti c'è una locandina in stile cartoon/videogame giapponese con tanto di iconografia di una specie di Mazinga, che dai suoi micidiali arti iper-tecnologici fa partire una serie di colpi esplosivi pronti a distruggere tutto ciò che trova sul suo cammino. E' un cyber-samurai che vuole appropriarsi di ogni genere musicale che ha fatto tendenza (da Elvis al glam T-REXiano, da Eddie Cochran al David Bowie più apocalittico) per diventare trendy a sua volta. Anzi, per diventare l'oggetto più commerciale mai concepito (indicativo dire che è stato prodotto da Giorgio Moroder?), decidendo persino di vendere gli spazi vuoti tra una canzone e l'altra per redditizi spot (come quello di Id Magazine o della L'Oréal).
James vuole solo un corpo multiforme e malleabile pronto a creare i semi per la musica del nuovo millennio. Prendendo ispirazione per il nome da una gang teppista di Mosca (la cui traduzione era "Brucia, brucia Sputnik") la band in formazione attira fin da subito alcuni degli artisti più curiosi dell'epoca, come Andrew Eldrich dei Sister Of Mercy o una giovane Annie Lennox raccomandata da Mick Jones e rifiutata perché "sapeva solo cantare". La perizia tecnica infatti qui non ha alcun spessore, nella seconda grande truffa del rock'n roll conta solo il fenomeno mediatico e la sfrontatezza di imporsi a mezzo mondo come "the next big thing" a suon di efficaci provocazioni. Ecco quindi un avveniristico look da cyberpunk sotto anfetamine, con magliette piene di sponsor e di plastica, collezioni di piercing e catene tanto da guadagnarsi il nomignolo storpiato di "Sick Sick" ancora prima dell'ufficiale apparizione in pubblico.
In realtà questo trionfo della forma più trash nasconde un'incredibile sostanza. Una musica piena di inventiva, che come un demoniaco tritacarne pesca con gusto dal repertorio moderno dei precedenti trent'anni per creare un pastiche vivente degno dei Residents di "Third Reich ‘n' Roll"; è un collage impazzito di suoni e sentimenti, dove il niente ha tutto dentro di sé, ma annullato della sua forza emotiva. I riff, le frasi d'amore, ogni cosa è ridotta a far da tappezzeria, svuotata di senso e buona appunto solo per far (saporitissimo) brodo.
"Love Missile F1-11" è forse l'esempio più lampante di questo rock'n'roll futuristico: la voce di Martin Degville sintetizza i lamenti del cuore di Gene Vincent con l'alienazione di Alan Vega, sparando tra le nostre orecchie un missile che allude a fantasiosi simboli sessuali quanto a una prossima guerra nucleare. In sottofondo echi di Mozart, taglia-incolla di chitarre alla New York Dolls filtrate attraverso il Roland G-707 (il synth guitar che l'amicone Mick Jones aveva regalato a James per il suo compleanno) e campionature da film classici anni '80 come Terminator, Mad Max, lo Scarface paciniano, Blade Runner. Ma attenzione, i Sigue Sigue Sputnik non vogliono celebrare la loro epoca, quanto illustrare dagli aspetti più innovativi del presente una profetica e non certo ottimistica visione del futuro. Tra i rimbalzi di melodie da videogame di "Rockit Miss Usa" (ispirata dai sempre amati Suicide di "Rocket Usa") si ammonisce pesantemente -seppur con l‘aria sempre scherzosa- il controllo militare sempre più pressante degli Usa nel mondo occidentale con una fantastica novella delle (a quei tempi) due super-potenze che distruggono il mondo a suon di armamenti sempre più letali sulla base di offese e oltraggi inesistenti. E il gioco di questa musica meravigliosamente stupefacente sta in questa poetica sempre più veritiera sul nostro avvenire: ovvero il binomio tra sesso e guerra, amore e morte, glam bolaniano "figo senza problemi" (la divertentissima 21th Century Boy è tutta un programma) contro il dark alla Peter Murphy pieno di disperazione e terrore. E' la lotta tra l'odio e l'amore per la crescente de-umanizzazione, sorella minore della de-evoluzione dei cugini Devo, dalla quale siamo frastornati, inscatolati, catalogati come un profumo o una scatoletta di carne.
Questo è "Flaunt It", l'approdo finale del rock, non importa se siete arrivati fin qui dalla violenza irrazionale di Iggy Pop o dalla dance robotica di Donna Summer. Qui troverete questo ed altro, canzoni romantiche che gridano "Lei è il mio uomo", identificazioni tra televisione e religione, ragazzi mutanti che si definiscono "i figli bastardi di Ziggy". E' quel che in fondo siamo anche noi, "the final product". Sta a noi saperci ancora riconoscere come un'umanità che, per quanto stanca e traumatizzata, è ancora intatta, pulsante, nella sua identità ancor prima che nei suoi prodotti e nei suoi consumi.
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