Domenica 2 settembre, dopo due giorni di pioggia che ha fatto da “valore aggiunto” ai gruppi che hanno suonato nelle giornate precedenti (“The Killers”, “Franz Ferdinand”, “Mogwai” and more…), finalmente l’A Perfect Day Festival, giunge alla sua ultima giornata, quella da me più attesa ovvero quella, dove in scaletta ci sono i Sigur Ros.

Sono passati quattro anni dalla prima ed ultima volta che li ho visti dal vivo, ovvero nel 2008 dove enormi bulbi luminosi facevano da cornice al loro suggestivo palco, costruito nel bel mezzo del Giardino di Boboli a Firenze ma ora siamo a Villafranca di Verona e dopo aver ascoltato nell’ordine (“Alt-j”, “Deus” e “Mark Lenegan Band”) finalmente con il calare del sole inizia a salire la fibrillazione, l’emozione e l’ attesa per uno dei concerti più attesi dell’anno.

Il palco si presenta piuttosto semplice con due megaschermi e molte luci, l’emozione cresce sempre di più e con lei il suo pubblico composto da migliaia di fans, ma sono sicuro anche da moltissimi curiosi che si sono spinti fin dentro le mura del bellissimo e affascinante Castello Scaligero, perché hanno sentito qualche canzone ma soprattutto hanno saputo che vedere i Sigur Ros dal vivo è un emozione unica.

Il concerto inizia tra le urla e gli sfoghi di quattro anni di attesa per gli Islandesi e il loro carico di magia, un arpeggio semplice ed inquietante rompe il silenzio che sul palco dominava fra gli undici musicisti presenti, non credo alle mie orecchie mi ci vogliono pochi secondi per capire che stanno eseguendo “Lagið Í Gær” uno dei miei pezzi preferiti ma anche uno di quelli più sconosciuti siccome è una sorta di b-side, dopo un minuto il pezzo esplode in una serie di noise rock, con il cantante Jonsi che suona la sua chitarra elettrica con un’archetto per violini dando al concerto, come alla musica, il suo tocco che fa riconoscere a tutti il sound firmato Sigur Ros.

Poco dopo inizia la seconda traccia (probabilmente il brano più famoso dei quattro islandesi) la malinconica, quasi distruttiva Untitled #1 (Vaka), il pubblico assiste in religioso silenzio al brano creando un silenzio inquietante e molto suggestivo per tutta la durata della canzone fino ad esplodere in un gigantesco applauso. I brani si susseguono “Ný Batterí”, “Svefn-g-englar” e “Sæglópur” fino all’eccezionale “Viðrar vel til loftárása” dove io personalmente raggiungo il Climax ovvero il punto più emotivo e più altro del concerto dove mi sento davvero rapito e trasportato in un altro mondo.

Sul palco ci sono undici musicisti con la m maiuscola, oltre alla formazione originale c' è anche la sezione fiati, archi e voci, e tutti questi elementi insieme riescono a ricreare sonorità mai sentite prima. La canzone che viene subito dopo è la famosissima “Hoppipolla + Með blóðnasir ” dove il pubblico sembra svegliarsi da una sorta d’incantesimo al quale era stato fino a quel momento, sarà che è una delle canzoni più allegre con il testo più facile da ricordare e da pronunciare, comunque rimane il fatto che la gente inizia a cantare e a saltellare.

Seguono le bellissime “Olsen Olsen” e “Festival” fino alla tanto attesa “Varúð” prima canzone presa dal loro ultimo album “Valtari” tra l’altro la mia preferita dell’album dove si risentono le sonorità dei primi Sigur Ros. Il concerto termina con tre canzoni scelte per un bellissimo finale ad effetto “Hafssól” dove il bassista suona il proprio strumento con una bacchetta della batteria, “Ekki múkk” seconda traccia presa dal loro ultimo album e infine con la sublime“Popplagið” conosciuta anche come Untitled#8. Il concerto lascia senza parole, le emozioni sono vere e gli sguardi delle persone presenti mentre si avviano all’uscita lasciano poche possibilità d’interpretazione, sembrano tutti voler dire “Wow!”

I Sigur Ros potranno piacere o no ma dal vivo mettono tutti d’accordo.

A Cura di Stefano Brunetti Titz 

Carico i commenti...  con calma