Avevo "programmato" questa recensione, già da qualche giorno pensavo a cosa avrei scritto, e poiché (pur piacendomi) non sono mai riuscito ad ascoltare tutto in una volta l'ultimo album dei Sigur Rós, avevo già pronta la frase conclusiva: "I Sigur Rós fanno sognare: se li ami, ti trasportano in un'altra dimensione, onirica, altrimenti sogni perché rischi di addormentarti...".
Ma la realtà è stata ben diversa: un concerto dei Sigur Rós è un'esperienza affascinante, magica, da gustare ogni secondo che passa, con gli occhi e le orecchie ben aperti.
Piccolo flashback: tardo pomeriggio, Ferrara, caldo, umidità alle stelle, faccio due passi verso la piazza dove in serata si terrà il concerto e c'è la prima sorpresa: soundcheck aperto al pubblico. I 4 folletti provano le attrezzature, abbozzano pezzi di canzoni e chiacchierano tra di loro mentre una trentina di persone è già seduta a guardare i loro movimenti e qualche vecchietto passa in bicicletta con la faccia visibilmente perplessa, di chi si chiede chi sia che turba la tranquillità e la quiete di una città strozzata dal caldo infernale.
In serata la piazza si riempie piano piano, e il pubblico è molto piú competente di quanto pensassi: accanto a me due ragazzi di Bologna che già li avevano visti a ottobre e ne erano rimasti "stregati", e che hanno visto Jonsi girare in bicicletta per le vie del centro città fino a pochi momenti prima del concerto. Il sole tramonta, arriva la musica: parlare delle singole canzoni è inutile, superfluo: le interruzioni sono solo le virgole di una sceneggiatura unica, che rapisce dall'inizio alla fine.
La loro ecletticità lascia esterrefatti: spesso cambiano posizione per suonare strumenti diversi: un flauto traverso, un piffero(!), tre diverse tastiere, la famosa chitarra suonata con l'archetto del violino e la base di un'altra canzone fatta con la chitarra elettrica battuta da una bacchetta da batteria: incredibile! ah! il batterista! è il piú vivo, il piú energico della band e passa dall'accarezzare la batteria in pezzi come "Staralfur" e la bellissima "Nothing Song" (o "Njosnavelin", o "#4", chiamatela come volete) a momenti in cui la percuote con grinta incredibile. Jonsi, la cui voce, modulata alla perfezione, è un vero e proprio "strumento aggiunto", passa invece la maggior parte del tempo ad occhi chiusi (come in trance...) mentre alle sue spalle il quartetto d'archi femminile, Amina, stupisce per la bravura e per la giovanissima età delle sue componenti.
Dopo due ore scarse la passerella finale: un inchino al pubblico che li fa tornare sul palco piú volte a ricevere i meritati applausi, nella speranza (vana) che il concerto continui: sul tendone dietro il palco, usato durante il concerto per visualizzare immagini, video e giochi di luce, appare un disegno e una scritta di ringraziamento... le luci si accendono... rimane la sensazione di aver assistito a qualcosa di assolutamente affascinante...
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