Ma che bel suono ha l'house!

Via. Dimentichiamo l'acid, la deep, la progressive, l'ambient... Tutto! Un bellissimo ritorno alle origini: a Chigaco, ai club, dai nostri amici afroamericani e alla loro musica, il soul. Una bella melodia alla Marvin Gaye, un bel basso p-funk, una batteria grintosa e qualche fraseggio jazz ogni tanto. In più un bel battito, morbido e chiaro (irresistibile), sotto a pulsare incessante. Ecco la formula magica. Da ballare sempre: in spiaggia, nei locali, da soli o in dolce compagnia per intraprendere danze più intime... Ed anche nello spazio, è questo il pensiero dei Silicone Soul: 'Staring Into Space'.

Il duo scozzese arriva al secondo disco in forma smagliante e colpisce al primo affondo col meraviglioso singolo Feeling Blue: la perfezione formale ed emotiva, un dolce stimolo ad abbandonarsi al ritmo suadente. E le gambe, come pure le sinapsi, non possono resistere.

Ma fermarsi soltanto a Feeling Blue sarebbe un enorme sbaglio, perché se ogni traccia è bellissima (e sicuramente una potenziale hit per la pista da ballo) ancora meglio è l'ascolto del disco intero: l'atmosfera è calda e rilassata, sensuale ed avvolgente. La cura per la resa sonora è ottimale e le sfumature altrettanto eccezionali: si parte con la tenera ed easy-listening When The Devil Drives (impreziosita dai fraseggi della tromba) e si chiude con la ruggente The Poisener's Diary, dal bel titolo ed omaggiante il suono più eighties dei seminali Depeche Mode. In mezzo, oltre alla già citata Feeling Blue vertice assoluto dell'opera, mille e mille invenzioni ballabili ed affascinanti: l'ambientale Burning Sands, la notturna Folie A Deux, la sincopata Les Nocturnes, la potente e spiazzante Inferno...

Insomma un album più unico che raro nella sua purezza e nel suo romantico, tutto speciale anacronismo; un album dalle molte sorprese e dalle pochissimo incertezze, le quali non pregiudicano minimamente il risultato finale.

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