Uscito il 7 dicembre in via digitale, questo nuovo ep dei Silverstein segna il ritorno sul mercato dei canadesi a distanza di due anni dal buon "A Shipwreck In The Sand", e dovrebbe anticipare di qualche mese l'uscita del nuovo disco prevista in primavera.
Andando nel concreto, si possono subito trarre due considerazioni da questa release: una novità e una costante. La prima riguarda l'etichetta che accompagna l'uscita del lavoro ovvero la Hopeless records, una delle label più attive in materia, in sostituzione della Victory, da cui la band ha recentemente divorziato, dopo averci collaborato nella produzione di tutti i loro dischi fin qui prodotti.
La seconda riguarda l'aspetto prettamente musicale, che non fa notare scossoni e crepe all'interno di un sound ormai consolidato e collaudato e che qui a conti fatti non presenta novità di rilievo.
Come a dire, chi li segue da tempo, non rimarrà deluso da questo assaggio, chi non li hai mai sopportati, è destinato a rimanere fermo sulle proprie posizioni anche dopo "Transitions".
L'ep si compone di 5 tracce, di cui due dovrebbero essere incluse anche nel nuovo lp.
"Transitions" si apre con il singolo di lancio "Sacrifice" pezzo à la Silverstein in bilico tra consueta ruvidezza di sezione ritmica e vocals e belle parti cantate degne di nota.
Il tema però varia con la piacevole sortita di "Darling harbour", un pezzo più leggero e spensierato, con forti influenze di punk melodico, che risulta gradevole nel suo groove. A seguire "Dancing on my grave" in cui si riscontrano pesanti distorsioni di chitarra di matrice quasi metalcore, per quello che risulta essere l'episodio più duro.
Se queste prime tre traccie presentano i Silverstein di sempre, le restanti due apportano qualche leggera sorpresa.
Il primo di questi "Replace you" è un pezzo acustico accompagnato da qualche fugace sortita degli archi, che mette in luce la voce pulita di Shane Told e che dimostra come i canadesi ogni qual volta ci cimentino con canzoni di questo genere, ci sappiano fare, come testimoniano infatti le versione acustiche di "My heroine" e "Call it karma", pubblicate tuttavia solo in una raccolta.
Altra sorpresa riguarda l'inusuale cover dei Nine Inch Nails di "Wish", interpretata in chiave originale, in cui si odono dei Silverstein in una strana veste rockeggiante e notturna.
Complessivamente una prova soddisfacente, che fa ben sperare nell'imminenza del futuro lp.
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