Che cos'è un mito, nella cultura contemporanea?

Ovviamente la risposta dipende dal campo trattato e dal soggetto in questione. Nel caso di Marilyn si tratta di un mito popolare, cioè di qualcosa che va oltre la dimensione umana e quotidiana di chi crea il mito in questione, e Marilyn Monroe, dopo la sua morte, è diventata qualcosa di unico, di sensazionale. Non c'è persona al mondo che non l'abbia sentita nominare almeno una volta e che non sappia descriverne, seppur sommariamente, l'immagine. I suoi occhi azzurri, la sua chioma bionda, il suo sorriso splendente, le sue forme sinuose e la sua aria svampita e un pò confusa... Tutto questo è entrato prepotentemente nell'immaginario collettivo della popolazione mondiale. Amata o odiata, tutti conoscono Marilyn Monroe, ed è in questo che il suo mito ha profonde radici: nell'essere divenuta, in qualche modo, una delle immagini e dei nomi imprescindibili della cultura media dell'uomo contemporaneo. 

A qualcuno è venuta l'idea di fare un film su di lei prendendo spunto dai diari dell'aiuto regista Colin Clark, che lavorò con lei alla realizzazione del film "Il principe e la ballerina" (Reg. Laurence Olivier - 1957), di cui "Marilyn" racconta la realizzazione.

A questo punto la domanda da porsi era questa: come presentare Marilyn al pubblico? Le risposte potevano essere molteplici: i miti, infatti, hanno la peculiarità di prestarsi ad ogni tipo di lettura possibile e perciò il cinema ricorre spesso alla loro rappresentazione. Gli sceneggiatori di Marilyn hanno scelto di presentare la loro protagonista in due dimensioni: quando Marilyn, appena arrivata in Inghilterra, scende dall'aereo e tiene una conferenza stampa con il cast del film che sta per girare è ancora la Marilyn pubblica, quella che il pubblico e i media osannano senza sosta e che possiede un'immagine che nulla potrebbe scalfire, un'immagine che ha il compito di abbagliare lo spettatore. L'altra dimensione è quella privata, attraverso cui, a poco a poco, ci viene restituita la donna che c'era dietro il mito; una donna profondamente fragile ed insicura per cui ogni gesto, anche il più insignificante, è una lotta contro sé stessa e contro le mille paure che la attanagliano, che lo spettatore inizia a sentire sempre più vicina a sé e alla propria realtà, quasi scordandosi che quella donna che va in pezzi davanti ai suoi occhi era, all'epoca e forse ancora oggi, la star più famosa al mondo.

In questo procedimento sta l'intelligenza del film, nell'abbagliare lo spettatore con l'ingresso in scena di Marilyn quale mito universale e avvicinargliela pian piano illuminandone gli aspetti che la rendevano una persona come le altre, così da renderla umana come chi la sta osservando, che può finalmente immedesimarsi in lei o in chi le è accanto e provare l'angoscia e la pena che aleggiano intorno a lei per gran parte del film.

Per quanto riguarda gli altri aspetti del film va detto che è essenzialmente un film di attori, e non c'è n'è uno che non sia perfettamente in parte.

Michelle Williams dà una di quelle performance che capitano una volta nella vita, riuscendo a farti dimenticare che non è la vera Marilyn che stai guardando. Eddie Redmayne interpreta Colin Clark, il nostro "punto di vista", e lo interpreta come meglio non si potrebbe chiedere, divenendo il veicolo perfetto per le emozioni dello spettatore in quanto lui è l'uomo "comune" che si ritrova improvvisamente catapultato nel mondo del grande cinema, il che ci porta ad immedesimarci perfettamente.

Una menzione particolare la merita, infine, il Laurence Olivier di Kenneth Branagh. Da sempre considerato l'erede di Olivier, sia in teatro che sullo schermo, Branagh non gli somiglia molto fisicamente, ma è impressionante quanto riesca a calarsi dentro il personaggio e a restituirci quel grandissimo attore e complicatissimo uomo che era il grande Olivier. Il suo sguardo magnetico, la sua altezzosità, la sua eleganza, la sua raffinatezza, il suo charme, la sua, per riassumere il tutto in una parola, unicità c'è tutta nella grandissima interpretazione di Branagh, che rende giustizia a quello che forse fu il più grande attore inglese del suo secolo e sicuramente il più grande interprete shakespeariano di sempre.

Insomma un grande film, in quanto si avvicina alla materia trattata con umiltà e senza particolari pretese se non quella di restituirci i personaggi trattati in tutta la loro complessità, riuscendoci alla perfezione.                                            

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