Siamo a quota diciannove album pubblicati per i Simple Minds, fondamentale band scozzese capitanata dal carismatico Jim Kerr.
Sopravvissuti a numerosi cambi di formazione e ad un periodo di stanca commerciale (tra fine anni novanta e metà anni duemiladieci) ed artistica (anche se alcuni dischi sono stati forse criticati troppo pesantemente, vedi l’ottimo “Cry” del 2002), gli ex ragazzi di Glasgow stanno vivendo una seconda primavera sin dalla pubblicazione di “Big Music” del 2014, che ha dato il via ad un filotto di tre dischi così buoni da riportare Kerr e compagni ad un livello che sembrava ormai insperato (anche commerciale, visto il ritorno in top 5 in UK col penultimo e ottimo “Walk Between Worlds”).
Arriviamo a questo “Direction Of The Heart”, appena pubblicato: nove brani per quaranta minuti scarsi di musica, nemmeno un secondo sprecato ed uno stato di forma che si conferma invidiabile ed ormai duraturo. Con il fido e straordinario chitarrista Charlie Burchill a fianco, Kerr si è circondato di collaboratori che hanno dato nuova linfa ad un sound che si era pericolosamente arenato, basti pensare al bassista Ged Grimes (ex Danny Wilson, che qui co-firma anche due brani) e alla straordinaria batterista Cherisse Osei. Alla co-produzione (assieme alla band stessa e a Gavin Goldberg) troviamo Andy Wright, già con Jeff Beck e Simply Red.
“Direction Of The Heart” si pone sullo stesso, ottimo livello del precedente album; il sound del disco è un distillato puramente Simple Minds, con una bella spolverata di attualità in alcuni brani come “Act Of Love” (inedito del 1978 finalmente pubblicato su disco), “Natural” e “Planet Zero”.
Ci sono due bellissimi singoli che cementano l’impasto sonoro della band in una proposta inconfondibile: “Vision Thing” apre con una splendida dedica al padre di Kerr venuto a mancare tre anni fa, mentre la super accattivante “First You Jump” è forse il singolo più efficace della band dai tempi di “Cry”. “Human Traffic” (ospite speciale, Russell Mael degli Sparks) e “Solstice Kiss” suonano invece più aggiornate, ma senza tradire l’essenza di una band ormai destinata allo status di classico immortale.
Bella anche la chiusura con la cover di “The Walls Came Down”, classico dei The Call datato 1983.
Brano migliore: Solstice Kiss
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