“La mia vita”, dissi a questa donna volendola impressionare “è racchiusa in questo minuto e sedici”.
E le girai la intro di ‘Banging On The Door’.
Che poi è vero, non so spiegare (o non voglio) ma quando ascolto quel frangente, che ho adorato da subito, da che ne ho memoria, mi passa dinnanzi tutta la vita.
“Real Life”, 1991, è un autogol. “Vera vita”, sta a significare un pregresso in cui era tutto poltiglia ? Non capisco, Menti Semplici. Spiegate, volete ?
“Street Fighting Years”, il predecessore, lui era vera vita. Lotte, prigionie, dolore, lacrime.
Questo “Real Life” si colloca pericolosamente all’inizio di un decennio che vedrà irrigidire il pop rock in attesa di revisione. Grunge, brit – pop e sperimentazione (Nirvana, Oasis, Prodigy) sono lì, ammiccano, pronti a dare una spallata a chi vive di rendita, pur dignitosamente.
Comunque: fui felice quando, in uno degli ultimi tour, aprirono la set list proprio con ‘Banging On The Door’, con tanto di intro, non dal vivo ma con la base e vabbe’, ci sta.
La tizia di cui all’inizio mi disse “Ah, bella. Io ascolto Mengoni, Eros, la Nannini”, tipo. Dall’intifada in Irlanda ai bordi di periferia è un attimo. Comunque, poi mi ha bloccato, non ricordo perché.
Ai tempi della pubblicazione di ‘Real life’, quindicenne, fui catturato dal singolo apripista, ‘Let There Be Love’, e acquistai l’album.
Più fresco del predecessore, ma più sbarazzino. Meno pietra miliare, se mi è concesso, più episodio soprassedibile.
Non sono propriamente un fan dei Simple Minds, ma ne apprezzo bontà d’animo, coerenza, innocenza.
La title track, ‘Let There Be Love’, ‘Woman’, ‘Let The Children Speak’, ‘Gosthrider’: sono episodi gradevoli. Sono rock, pop, suonati dignitosamente.
Il disco, però, viene un po’ meno in termini di personalità. La voce (il vocione) di Kerr è rassicurante, e chi ha messo mano alle tastiere al posto di Mick MacNeil ha lavorato bene, lavorato sodo.
Manca un’idea di base, che in ‘Street Fighting Years’ era la lotta, la guerriglia con annessi gli indotti.
Qui, forse per reazione, ci si posiziona su un piano più intimo e introspettivo, anche musicalmente. Ma è come se una mannaia fosse calata a tranciar via il passato, come se reinventarsi fosse una tassa da pagare a qualcuno, come se dopo più di un decennio si fosse ancora sotto esame, cos’hanno da offrire ancora questi Simple Minds ?
Sarò cattivo, sarò sincero: poco. Non a caso, da lì in poi, passeranno dagli stadi ai teatri.
Ed è curioso che quando mi debba auto celebrare, quando mi si chiede una canzone da piazzare a mo’ di manifesto biografico, istintivamente io vada alla intro di ‘Banging On The Door’.
Chiunque di voi, è chiaro, è limpido, chiamato a pescare da questo mazzo, passerebbe oltre. Cito a caso: ci sta che @IlConte faccia l’amore sulle note di ‘Travellin’ Man’, è plausibile.
Ma non ho mai accostato il sesso alla musica. Una volta, forse, ma non con i Simple Minds. La loro immacolata genesi, il ridimensionamento silente e pulito, mi avrebbero destabilizzato.
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