Mick Hucknall è spesso preceduto dalla strafottenza e dalla foga, la sua, che come uno specchio si riflette sull’ascoltatore medio generando un giudizio corretto nell’immagine ma prevenuto nei contenuti.
Ma che vuole ‘sto tizio rosso con un taglio osceno e una voce che ricorda vagamente le mami, possenti cantanti nere di stampo soul, che imperversano nei cori delle chiese di campagna statunitensi ?
Va da sé che a molti, il leader del progetto Simply Red, dia sui nervi così, a carne viva.
E, se la prima impressione non è del tutto fuorviante nel definire bizze e mazzi di Mr.Hucknall, è anche vero che bisognerebbe valutare con attenzione l’aspetto organolettico del prodotto finito.
Prendiamo, ad esempio, il terzo lavoro in studio, “A New Flame”, datato 1989. Il predecessore, “Men And Women”, messo nelle mani di Alex Sadkin, aveva maturato dissensi e rappresentava un passo indietro rispetto all’album d’esordio, “Picture Book”. Hucknall preciserà, in futuro : “Fu un errore affidare la produzione ad Alex, ed è una vergogna parlarne adesso che è morto (Sadkin morì in un incidente in moto ad Ibiza poco dopo l’uscita di “Men And Women”, nel tardo 1987 ndr), ma durante le sessioni realizzammo che lui era più programmatore che produttore”.
“A New Flame”, dicevo, annovera salti di qualità a tutto tondo. Vediamone alcuni. Primo, il ritorno di Stewart Levine (già artefice di “Picture Book”) alla produzione. Poi, l’acquisizione di Heitor Teixeira Pareira (aka Heitor T.P.) alla chiatarra, al posto dello scolastico (bravo, ma tutt’altro che eccelso) Sylvan Richardson. Proveniente dalla scuola brasiliana, Pareira garantiva un apporto colorato, bizzarro, sopra le righe, corredato da un’ottima tecnica.
Per il resto, la vecchia formazione venne confermata. Alla batteria la pulizia ma anche la poca personalità di Chris Joyce (pagherà dazio, per questo, con l’esclusione dal successivo progetto, “Stars”), al basso Tony Bowers (che ebbe da discutere con Mick, durante le sessioni) alle tastiere e alla seconda voce la pietra angolare Fritz Mcintyre (“c’era tensione, in studio, tra lui e Mick”, racconta il sassofonista: ma dai, davvero ?), Tim Kellet alla tromba e alle tastiere, Ian Kirkham al sax.
La ricerca di un suono lineare, del compromesso tra il cantante che voleva alzare il tono e Levine che per contro voleva abbassarlo, il posizionamento di alcune cover a corredo del songwriting di Hucknall, furono ingredienti e contrasti positivi nell’economia del disco. Che funzionò.
Produttore e manager, Stewart Levine ed Elliot Rashman, impiegarono del bello e del buono per tenere buono Hucknall, impaziente di mettersi al desk per co-produrre (“Non era ancora pronto”, suggerirà Levine qualche anno dopo, “E poi, con quella voce, vuoi preoccuparti della produzione in ragione di cosa ? Non si possono fare bene tutte e due le cose”) e a convincerlo a realizzare come primi due singoli le due cover presenti nell’album, “It’s Only Love” dei fratelli Cameron, e la melensa “If You Don’t Know Me By Now” (Kenny Gamble).
“Blue-eyed soul”, definizione suggerita nel tempo per catalogare il pop contaminato da echi rock-soul-jazzeggianti dei Simply Red, sembra calzare a pennello per derubricare “A New Flame” a piccola perla di fine anni ’80.
L’amore, trattato con più varianti nel disco, parte dal punto esclamativo di “It’s Only Love”, trova sconfortante dolcezza in “You’ve Got It” e “Love Lays Its Tune”, delizioso tormento nell’elaborata “More”, scazzo definitivo nella magnifica “Enough”, realizzata a quattro mani con Joe Sample. La title track porta una spruzzata di sole, così come “Turn It Up”, mentre “She’ll Have To Go” invita Maggie Thatcher a togliere gentilmente il disturbo.
Il punto più basso del disco è rappresentato da “To Be With You”, che è una forzatura, probabilmente messa lì per smorzare il tono serioso e risoluto rappresentato, appunto, da episodi come “More”, “Enough” e “Love Lays Its Tune” e finisce per disturbare l’ascoltatore.
Prima di “A New Flame”, i Simply Red erano regrediti a nicchia. Il riscontro in termini di vendita e presenza alle performance live era calato. Questo disco diede il là ad un successo europeo destinato ad aumentare ulteriormente con il successivo “Stars”, eccezion fatta per l’America.
Mick Hucknall è insopportabile. Lo tramandano i posteri che hanno lavorato al progetto “A New Flame”, sia in sede di pre e post produzione che durante l’esecuzione in sala d’incisione. Crea tensione, il rosso, ma in questo frangente la tensione porta ad un buon risultato. Perché la struttura regge, le meravigliose tastiere di Mcintyre sono eccellente corollario, Bowers slappa quando c’è da slappare, l’apporto di cori e fiati è sobrio, essenziale, elegante.
“A New Flame” è un disco pulito, un ottimo viatico per lasciare gli anni ’80, corredati da troppi spettri, e accedere senza patemi al caos e, perché no, alla cacofonia introdotta con gli anni ’90.
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