"'Life' ? Che brutta esperienza. Mick è stato un dittatore, in sala d'incisione. Non lo sopportava più nessuno. Sì: di "Life" ho davvero un brutto ricordo". Ouch! A dirlo è Ian Kirkham, storico sassofonista che gravita in orbita Simply Red dal tour di "Man And Woman" (1987).

Mick Hucknall iniziò a frangere i marroni a Stewart Levine per poter co-produrre fin dai tempi di "A New Flame" (1989). Levine: "Sì, la produzione è qualcosa da cui Mick è sempre stato affascinato. Gli piace stare al desk, ma io dico....con quella voce, con la voce che ti ritrovi....perché vai a preoccuparti della produzione ? Non puoi far bene tutte e due le cose, è impossibile".

Elliot Rashman, manager, che guarda caso lasciò proprio dopo l'esperienza di "Life" (1995), aggiunge : "Mick esagerò. Ad un certo punto Stewart Levine abbandonò il progetto; dovetti metterci del bello e del buono per riportarlo alla base....".

Ancora Levine : "Ero stato chiaro fin dall'inizio: Mick alla composizione e alla voce, io alla produzione. Ma ad un certo punto non c'erano più i presupposti. E poi questa mania dell'hip-hop.....davvero, non l'ho mai capita....".

Già. "Life", quinto album in studio dei Simply Red, non nacque esattamente in un embrione sereno. L'eredità che lasciava "Stars", il predecessore, era piuttosto pesante. Con i suoi sette milioni di copie vendute, metteva sulle spalle del buon (sic.) Hucknall una pressione notevole. Levine, che con Hucknall ha prodotto buoni dischi in un'alchimia fragile come il cirstallo, per contro fa notare che non è difficile dar seguito ad un best-seller, bensì ad un fiasco. Dagli torto.

Mi scuso per il generoso preambolo, indispensabile per addentrarsi in un album che, parere di chi vi scrive, abbassa l'asticella rispetto a "Stars", che già l'abbassava rispetto a "A New Flame". Nulla da eccepire sulla qualità della band che vide alle tastiere, per l'ultima volta, la maestria di Fritz McIntyre, Heitor T.P. alla chitarra, il già citato Kirkham al sassofono e Sly Dunbar alla batteria (Gota Yashiki lasciò non per incompatibilità con l'agguerrito Hucknall ma per dedicarsi a progetti solisti; lo ritroveremo al prossimo album, "Blue" del 1998). Al basso si alternarono Robbie Shakespeare e Bootsy Collins. Il cambiamento più significativo fu l'ingresso in pianta stabile del programmatore Andy Wright, che diede un'impronta ancora più elettronica al sound già piuttosto sintetico della band, andando ad estrapolare pari pari la base del brano "Give It Up" dei Goodmen, che divenne campionamento essenziale per il primo singolo dei Simply Red ad andare al numero 1 : "Fairground".

Per il resto "Life" si trascina piuttosto stancamente. Il brano di apertura, "You Make Me Believe", scorre via senza far rumore, sottovoce : "Ogni tanto sei la mia fidanzata, altre volte la mia cucciola, occasionalmente la mia puttana" ==> scritto e pronunciato da Mick proprio in italiano. Wow, attento conte, le si è spostato lo spadino! "So Many People" è una serena disamina della situazione mondiale di quel periodo: "Siamo così tanta gente, che vive vite diverse in tempi difficili". Già. Musicalmente carina, tranquilla, non spezza l'atmosfera soft del precedente brano. Si fa apprezzare anche "Lives And Loves", tormentata riflessione a tema con un finale in crescendo nel quale Mick ci dimostra e conferma che no, la voce soul non gli manca. Bella davvero. "Fairground" fa impennare bruscamente il disco: brano tutto da ballare, musicalmente poco impegnativo ma d'impatto, radiofonico nel DNA. Ci sta, dai.

"Never Never Love" dev'essere uno dei frangenti che ha fatto incazzare Levine: la-la-la-la-la, la-la-la-la-la. Eh vabbé : Mick Hucknall è l'incarnazione di un celeberrimo motivetto piemontese: "E qui comando io, e questa è casa mia...."; se era quello che sentiva in quel periodo, altro non ha fatto che seguire il proprio istinto. Di poco conto, senza personalità sia "So Beautiful" che "Hillside Avenue", melense al punto di indurre l'ascoltatore a distrarsi.

Si torna a fare tap tap con il piedino su "Remembering The First Time", eccessivamente patetica nel testo ma musicamente perlomeno accattivante. "Out On The Range" rappresenta il punto più alto del disco: maliconica e funky al tempo stesso, sospinta ma riflessiva quanto basta, pecca un pò in monotonia soprattutto nella parte finale, ma resta brano di spessore. "We're In This Together", riciclata per Euro '96, è soprattutto un inno alla noia.

Che eredità ci lascia questo "Life", dove ci conduce ? La sensazione è che forse tre anni e mezzo di attesa, dovuti anche all'esaustivo tour che ha supportato "Stars", sono troppi. Altra sensazione è che Hucknall fosse stanco al punto da risultare insopportabile. Non a caso, dopo il progetto "Life", abbandonarono, nell'ordine: Rashman (il manager), Fritz McIntyre (argh! che perdita....) ed Heitor T.P. , mentre dopo "Stars" avevano già abdicato il trombettista/tastierista Tim Kellet, che farà fortuna con il progetto dance denominato Olive, ed il bassista Shaun Ward.

"Life" è un album mediocre, incerto, con poca personalità e molte, troppe pretese. Non è eterogeneo, è figlio di idee perseguite solo in parte, e all'ascoltatore non sfugge una fragilità di concetto laddove la copertina, la cui spensieratezza è ben palesata da un Hucknall che passeggia sereno, non trova riscontro all'interno del disco.

Carico i commenti...  con calma