La mia visita dall'amico Sigismondo sta ormai per concludersi. Anche il sogno, nel quale disgraziatamente mi ha fatto cadere il malcapitato, è quasi terminato.

"Dove sei ora?" mi chiede. "In un tribunale" rispondo ansioso. Ed improvvisamente, come in un impensabile flashback, ogni scena, ogni particolare è più chiaro. Ci sono io, seduto in mezzo all'aula tappezzata di ogni strumento musicale facente parte dello scibile umano: dall'arpa all'ukulele. Dietro di me, una folla immensa, ed una scritta, a caratteri cubitali, che troneggia sopra tutti noi: "DEPROCESSO". Di fronte, i giudici: tutti i santoni di quella società segreta che noi comuni mortali conosciamo come DeBaser, ma che in realtà altro non è che una comunità di recupero per ascoltatori traviati nelle nebbie della non-musica. Solo non riesco a distinguere le loro facce: pazienza, sento le voci e tanto mi basta.

GIUDICI, ALL'UNISONO: Allora, woodstock. Un altro caso. Per cosa sei qui? Qual è il tuo reato stavolta?
WOODSTOCK: Veramente è la prima volta. E comunque vi giuro, signori giudici...
GG: Silenzio! Nessuno ti ha chiesto niente! Chi ti ha chiesto qualcosa?
W: Ma veramente...
GG: Aaaaaaalt! Basta! Ogni singola lettera sarà usata contro di te. Allora, di cosa è imputato l'imputato? Vediamo...a sì! Tu hai appena recensito uno dei dischi proibiti, messi all'indice non più di qualche tempo fa!
W: Io non pensavo... non volevo...
GG: Silenzio! Lo sai in cosa puoi incorrere per questo errore? Eh? Eh? Eh?
W: Mah... veramente no.
GG: Eccerto chenno, sapiente che non sei altro! Tracotante! Blasfemo! Bé, vediamo... e quale sarebbe la tua difesa? Eh? Eh?
W: Se posso...
GG: Vai!
W: Allora, cercherò di essere conciso. Pensavo di aver trovato un porto sicuro, dove le idee scorrevano libere, portate da onde rock che ogni debaseriota che si rispetti custodisce dentro di sé. Evidentemente mi sbagliavo. Prometto solennemente che d'ora in poi ascolterò solamente Pink Floyd, il Progressive (anche se lo ascoltavo già), I Beatles (anche se li ascoltavo già), i Judas Priest, Il Nu-Metal, Paolo Meneguzzi...
GG: Nooooooooo!!! Cheddici!!!
W: No?
GG: Il Nu-Metal no! E nemmeno Paolo Meneguzzi! Sennò che recupero è? Eppoi, cosa sono 'sti gruppetti... solo i Pink Floyd ascolterai!
W: Ma...
GG: Silenzio! E' tutto il processo che parli a sproloquio! Ed ora formuliamo la pena: sei condannato a...

Ed il sogno qui si conclude. Svegliato di soprassalto, prendo il mio cappotto, apro la porta e con calma scendo le scale. Dopotutto sono contento di non sapere la pena che mi sarebbe spettata.

Suppongo avrete capito che questa pseudo-recensione è nata solamente per lampante mancanza di idee. Del disco dirò solo che è il secondo (1987), ancora in formazione originale e in evidente stato di grazia, checché se ne dirà tra i commenti. I punti fori? Le prevedibili hit internazionali The Right Thing ed Infidelity, e le superbe Suffer, I Won't Feel Bad e Love Fire (cover tratta da Bunny Wailer). Ciononostante, come solesi dire, è un disco di transizione, e come tale va ascoltato, opera ibrida a metà strada tra il precedente "Picture Book" (comunque inarrivabile) ed il successivo "A New Flame".

I posteri posero.

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