Quello che colpisce (e colpì) particolarmente in questo album non è (fu) tanto la varietà estrema di stili che quell'artista così giovane, calva, androgina riusciva a far propri con un'ecletticità che solo Nail dei Foetus (1985) in precedenza aveva avuto, quanto piuttosto una voce ossessionata, drammatica, che scava nelle viscere della terra e ci riporta alla luce quella spiritualità primigenia che è la manifestazione stessa della natura.
"Jackie" è l'emblema di un canto scolpito in rocce millenarie, un canto che si inerpica verso sentieri tortuosi da cui è impossibile fare ritorno, geniale, ardita, immortale come i lamenti marmorei di Lisa Germano, emozionale come i paesaggi d'Irlanda. Spaventata da cotanta epicità, O'Connor la trasformista ripiega con camaleontica naturalezza su un più confortevole power-rock ("Mandinka") occhieggiando alle riot girls che verranno. Un po' Babes In Toyland un po' Ani DiFranco, verrebbe da dire, ma la rabbia è la stessa che fa vivere la connazionale O'Riordan. "Jerusalem" ci catapulta nell'onirismo di uno spazio cosmico e alieno, neanche fosse di Peter Gabriel, ma l'ovattata "Just Like U Said It Would B" ci introduce al dittico di capolavori "Never Get Old" e "Troy". La prima, più metafisica, suona come una Diamanda Galàs che chieda il microfono a Nico per cantare su "Big Science" di Laurie Anderson. "Troy", invece, non è soltanto l'apice emozionale del disco, ma è uno dei brani più intensi che l'umana memoria ricordi. Improvvisi cambi di registro e di ritmo, strumenti ad arco a fare da padroni e una voce che si rivela unico campionario di emozioni. E' dolore e rabbia. E' la compassione che gli dei provano verso gli uomini. E' il passato. E' Troia che brucia. Il genio di O'Connor non sarà mai più così incontrollabile e smisurato. "I Want Your (Hands On Me)", infatti, fin troppo rimbalzina, ha il compito di riaccorciare le distanze prima della solenne "Drink Before The War", più vicina all'umana consolazione che alla divina disperazione. La conclusiva "Just Call Me Joe", forse un po' sottotono, è la ballata in punta di piedi che suggella questo Vangelo del cantautorato femminile moderno. Perchè davvero, in quell'anno, Sinead O'Connor "camminerà sul leone e sull'aspide, calpesterà il leoncello e il dragone. Ci sazierà di lunga vita e ci farà vedere la nostra salvezza" (cit. Bibbia, Salmo 91).
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