Fece un grande scalpore quando strappò in diretta TV una foto del papa, tanto che le gridarono contro durante il concerto per i trent'anni di carriera di Bob Dylan, senza lasciarla cantare.

Era questa la Sinéad che si presentava al pubblico, criticatissima e molto arrabbiata con il mondo, quando nel 1994, usci "Universal Mother". Questo disco si discostava dagli altri, mostrava un evoluzione interiore della cantante, le sue posizioni su vari argomenti e alcuni momenti della sua vita. "Fire On Babylon" venne scelto come primo singolo, ed è tutt'ora un esempio della capacità vocale e dell'infanzia travagliata della O'Connor. La scelta di questa canzone non molto ordinaria e dai temi poco simpatici, contribuirono allo scarso successo dell'album. "Jhon I Love You" e "My Darling Child" sono canzoni abbastanza ordinarie, dolci, e ben studiate, mentre "Am I Human" è una traccia brevissima, cantata da un bambino, e rimane una scelta, a mio avviso, assolutamente discutibile.

L'album riacquista vigore con una canzone particolare, "Red Football", dalle tematiche anti-abortiste dove troviamo una certa aggressività nel finale. L'album procede regolare e non molto movimentato per quel che riguarda le tracce dalla sette alla nove, con "All Apologize", "A Perfect Indian" e "Scorn Not His Semplicity" in cui ci viene ribadita la bravura dell'artista, ma non colpiscono molto. "All The Babies" rialza ancora una volta il livello del disco, con una canzone che vale la pena di essere ascoltata per il suo fondamento teologico. Si ritorna a ritmi cauti e sereni con "In This Heart" e "Tiny Grief Song" mentre "Famine" ci propone un esperimento rap per denunciare l'inquinamento della cultura irlandese da parte degli inglesi. "Thank You For Hearing Me" è l'unico brano di rilievo che non sia una critica e che anche con toni dolci non sia scontato.

In conclusione un album un tantino bipolare, che segna l'inizio della discesa dell'artista, l'incrinarsi di una promettente carriera che si è recentemente riscattata con un album carino che però non aggiunge nulla di nuovo. In sostanza un buon album, penalizzato dalle sue accuse alla chiesa che ad anni di distanza, si sono rivelate tutt'altro che castelli in aria. 

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