Spesso, in passato mi sono ostinato insensatamente nel trovare l'oro nel fango musicale che ci circonda; molte volte ho preso delle sbandate atroci; molte altre volte ho trovato dei piccoli gioielli; li ho valorizzati e aprezzati con tanta soddisfazzione.
Questa volta ci riprovo con Siobhan Donaghy, splendida 24enne inglese, con evidenti radici irlandesi (basti guardarla o leggere il nome) alle prese con il suo secondo album solista "Ghosts", che arriva dopo 4 anni dal quasi completamente sconosciuto "Revolution In Me".
La Donaghy purtroppo ha una zavorra da portare non indifferente, cioè l'essere stata una delle fondatrici delle Sugababes dal '98 al 2000 (si proprio quelle!), quando il gruppo delle tre ragazze non proprio santerelle non le conosceva nessuno, ma Siobhan che però ha cercato sempre di avere un'identità originale le scaricò il prima possibile in cerca di una propria strada con un minimo di rispettabilità, e in realtà questo le fa onore, l'aver preferito una carriera assolutamente in salita, ad una più facile strada programmata verso il facile riconoscimento.
"Ghosts" è un album che ne evince l'effettivo e non discutibile talento vocale, le radici irlandesi e l'amore spassionato e mai nascosto per Kate Bush, basti ascoltare "Medevac" uno dei brani più irrequieti e rarefatti dell'album, atmosfera instabile, melodia strisciante, e voce al limite dell'orgasmo, perfetta! Stessa formula con una maggiore appettibilità in "Don't Give it Up", brano pieno di phatos, di slancio, con un ritornello bello, pieno, tutto da gustare; vi consiglio a proposito di vedervi anche il video su Youtube, che la vede correre tra le dune di sabbia, cantare in una moschea, in un'atmosfera che coincide perfettamente con la canzone, e poi lei è bellissima.
Ottima e decisamente riuscita anche "Halcylon Days", un brano assomigliante al ritornello di "Tear Drop" dei Massive Attack, con quella delicatezza vocale che rende la sua voce unica, quei beats vibranti e delicati, quell'atmosfera riposante...morbida nel crescere insieme alla melodia. "Goldfish" è un miscuglio riuscito tra i Goldfrapp di "Utopia" e Kate Bush, elettronica elegantissima, voce incantevole e fatata, sembra di stare su una cima montuosa, tra il vento che accarezza le guance e i vestiti che vibrano insieme al vento; "Ghosts" la title track è probabilmente il pezzo più estremo; le parole completamente distorte sono incomprensibili, e tutto suona come tirato e imprendibile, strana ma piacevole.
Arriviamo ai punti deboli, Siobhan purtroppo soffre ancora di quella paura di fare il salto, verso un gradino più alto, e va incontro a cadute di stile come "Coming Up for air", assolutamente scarsa nell'incidere e a volte quasi stucchevole, vale la stessa cosa per "there's a place", metà via "So you say" che potrebbe essere un bel brano senza tutta quell' eccessiva post-produzione, che in realtà è un diffetto complessivo di tutto il lavoro, troppi ritocchi, troppa paura, mancanza di coraggio... Siobhan è ancora in quel limbo di indecisione e insicurezza, manca di ambizione.
Non male; "Sometimes" che da quel tocco di colore e ironia all'album, stessa storia per "Make it Right" che al primo ascolto colpisce per un suono pieno, ricco e piacevole, anche se eccessivamente pop, su un'altro piano "12 acid blues bar", il brano più strumentale, gioioso, simpatico, ritmato e funky.
Che dire nel complesso? Siobhan è piena di talento, però deve ancora crescere con una sua identità, probabilmente ha bisogno di un atteggiamento più coraggioso, non lo sò, però posso dire che "Ghosts" ha un bel sound, positivo e comunque diverso dall'odierna immondizia musicale.
Bye!
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