Nel 2004, a quasi una decade dall'ultimo disco in studio, i fans di Siouxsie and the Banshees possono salutare un grande evento: si chiama "Downside Up", un cofanetto che raccoglie tutti, ma proprio tutti i b-sides registrati dal gruppo nell'arco di 17 anni di carriera, più l'oramai introvabile EP "The Thorn". E per una volta, è bene spendere due parole anche sulla forma con cui il prodotto si presenta: 4 cd per un totale di 55 brani, una veste grafica essenziale ed elegante e, dulcis in fundo, un booklet di 76 pagine con le foto di tutte le copertine dei singoli, i testi delle canzoni, e per ciascuna, i ricordi e le opinioni dei vari componenti: davvero una chicca imperdibile per chi come me li ha amati e ricercati, e ora può crogiolarsi nell'idea di avere tra le mani tutto lo scibile restante...
Erigere una collezione di portata così monumentale è un chiaro segno, oltre che dell'affetto per i propri sostenitori, della sincera passione per l'universo dei b-sides. Fin dagli esordi, i Banshees hanno sempre creduto nell'importanza dei "lati b", per quel fascino oscuro che sapevano aggiungere ai singoli, e non certo per urgenze commerciali (per quelle ci fu sempre la casa discografica a crucciarsi). Ciò che colpisce, è il modo in cui quasi tutti i pezzi sono venuti alla luce, come svela subito Siouxsie nel preambolo alla raccolta: nessuno scarto da scalette di album, nulla di pre-confezionato come remix o rielaborazioni, ma idee allo stato brado trasformate in canzoni nel giro di un weekend; un paio di giorni, spesso quelli del fine settimana, era infatti il margine che la Polydor lasciava al gruppo per chiudersi in studio e comporre i lati b, dopo di che sarebbe uscito il relativo singolo.
E proprio questi tempi serrati, anziché portare all'esaurimento nervoso, facevano da propulsore perchè i nostri sprigionassero tutta la loro forza e creativa. Sono così venuti alla luce brani grezzi, anarchici, sperimentali, figli dell'istinto e delle sensazioni del momento, che a volte non vennero a patti neanche con le minime cure dei produttori. Facile a questo punto capire perchè l'indomita Siouxsie abbia dichiarato di essere affezionata più a questi b-sides che ad ogni altra cosa registrata. E' tempo allora di aprire lo scrigno ed iniziare un lungo viaggio nel kaleidoscope-Banshees, ripercorrendo i passi anno per anno e riassaporando le atmosfere perdute. Il viaggio è lungo e impegnativo (mi limiterò a tracciare qualche coordinata), ma bando ai preconcetti o preferenze per un periodo artistico piuttosto che per un altro, perché la perla è sempre dietro l'angolo.
CD 1 - Racchiude la storia del primo periodo Banshees, per intenderci, quello che va dagli inizi (1978) alla dipartita del chitarrista McGeoch (1982, dopo "A Kiss In The Dreamhouse"). Per molti, questo è l'arco temporale in cui il gruppo ha dato il meglio, passando dalle sonorità oscure e taglienti degli esordi a quelle più esotiche, ma non meno cupe, di album memorabili quali "Kaleidoscope" e soprattutto "Juju". Possiamo riascoltare la tenebrosa "Voices", che assieme al lato a "Hong Kong Garden" fece da primo biglietto da visita; seguono l'incubo d'infanzia "Pulled to Bits", e l'inferocita "Drop Dead - Celebration" dedicata con furore ai traditori Morris e McKay; "Eve Black - Eve White" è uno dei primi esempi di b-side a tema con il lato a, mentre in "Supernatural Thing" il gruppo si cimenta in una cover a ritmo di funk (!) Ma le prime vere scosse arrivano con la follia tribale di "Congo Conga", un po' cartone animato, un po' jungle horror, e con "Cannibal Roses" anch'essa di sapore esotico ma ancora più straniante. C'è anche spazio per rivisitare una vecchia canzone popolare francese,"Il Est Ne, Le Divin Enfant".
CD 2 - Tra il 1983 e il 1987 il gruppo si evolve in mutevoli forme, anche a causa dei frequenti cambiamenti di line up. La collaborazione con Robert Smith per "Hyaena" è qui rintracciabile soltanto nello scherzo free-jazz di "There's A Planet In My Kitchen", mentre i tre componenti storici, senza più un chitarrista, confezionano le notturne "Tattoo" e "Let Go", due brani comunque di buon livello. L'ingresso di John Carruthers porta ai Banshees nuova linfa nell'ottimo "Tinderbox", ed anche i b-sides tornano ai fasti oscuri del passato: notevoli "An Execution", ricca del pathos più dark, e le rasoiate geometriche di "Umbrella". Il 1987 è l'anno di "Throug The Looking Glass", una raccolta di covers, ma il gruppo non rimane a corto di idee, distribuendo in tre singoli ben sei brani inediti; tra questi spicca l'ornitologica "She's A Cuckoo", opera del bizzarro Budgie, e l'intensa "Something Blue" dalle atmosfere sognanti, che forse avrebbe meritato maggior fortuna.
CD 3 - Entrano in pianta stabile due nuovi componenti, il chitarrista John Klein e il polistrumentista Martin McCarrick. Dal 1988 al 1995 sarà con loro che i Banshees vivranno l'ultima fase della loro carriera, tra alterne fortune musicali ma se non altro con più visibilità mediatica. L'antica linea oscura va definitivamente esaurendosi, tuttavia i due innesti aumentano le capacità tecniche del gruppo, che può ora avventurarsi in sfrenate giravolte glam ("False Face") o addirittura celebrare una fiesta messicana a ritmo di salsa ("El Dia De Los Muertos"). Continuano le curiose sperimentazioni, vedi "Catwalk" e "Hothead", ma non mancano i momenti di pura magia, con i mari di soffici tastiere delle splendide "Sea Of Light" e "Return". Una citazione particolare merita "I Could Be Again", che ci riporta di colpo alle pulsioni di dieci anni prima, e non a caso, verrà inserita nella scaletta del concerto della reunion 2002.
CD 4 - E' un ulteriore regalo agli adepti, che possono riascoltare i quattro brani dell'EP "The Thorn" (1984). In quell'occasione, il gruppo entrò in studio un po' per collaudare il nuovo arrivato Carruthers, un po' per vestire di nuova luce alcune canzoni forse in origine troppo scarne. Il risultato è soddisfacente, in particolar modo per "Overground", resa sinfonica e di grande impatto grazie alla collaborazione di un'orchestra.
L'universo parallelo dei lati b, dunque, ci consegna l'immagine di un gruppo ancora più istintivo e fantasioso di quanto già non lo credessimo. Grazie allora a Siouxsie e i suoi Banshees, sempre generosi, nei mai abbastanza rimpianti anni dei 7 e 12 pollici, per le loro ondate multicolori di b-sides; e grazie adesso per aver curato questa magnifica "autobiografia sonora" che ce li restituisce tutti d'un colpo. Non mi resta che augurarvi un buon (lungo) ascolto...
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