Sicuramente un piccolo passo in avanti rispetto al predecessore, in una carriera di perplessità targata Six Feet Under. Tutto ciò ci fa intuire che non c'è speranza di risollevare un gruppo nato da un'idea proposta da Allen West degli Obituary e da Chris Barnes dei Cannibal Corpse.
Anche in quest'occasione, stanchi più che mai, ci presentano il solito minestrone di pezzi già sentiti e risentiti: songs che non si discostano minimamente dai lavori precedenti, facendo sì che il tutto risulti essere materiale potenzialmente riempitivo che si può trovare, comodamente, in qualsiasi altro disco death metal. Un disco con riff che suonano familiari, arrangiamenti piuttosto banali e poco innovativi, impreziositi da un pizzico di groove in più (tanto per citare "Bastard", che suona come un ibrido tra rock e death metal, con un ritornello molto simile alla famigerata "Amerika the Brutal"). A favore della band statunitense, posso riconoscere che la produzione e i suoni siano più curati rispetto ai lavori precedenti, accompagnati da un'accurata attenzione rivolta ai testi e in particolar modo alla selezione delle parole, ben strutturate e calibrate al genere in questione. Ma ciò non basta affinchè si cambi opinione e si conceda loro una valutazione positiva.
Assegno un voto mediocre (2½/5) a questo full-length e non al carisma e alla qualità di una band come la seguente che in sede live riesce ad entusiasmare e rendere partecipi energicamente i propri fan, specialmente con la pluri-blasonata "Amerika the Brutal": non ci giunge nuova la notizia che i Six Feet Under siano una della band più richieste ai vari festival di tutto il pianeta. Ma affinchè rimangano celebri o almeno vengano citati come parte integrante della storia del genere, dovrebbero sfornare un lavoro molto più soddisfacente di questo "Death Rituals". Ora che son giunti nel cuore della maturità artistica, è bene che comincino a portare a termine qualcosa di buono. Restiamo in attesa del prossimo lavoro, senza troppe aspettative.
Carico i commenti... con calma