Gli Skinless, band di New York attiva a partire dal 1992, esordisce nel 1998 con questo cd autoprodotto, crudelmente destinato all’oblio. Dopo essersi lasciati alle spalle due trascurabili demo (uno “Swollen Heaps” contiene delle canzoni inedite), i nostri decidono di iniziare a fare sul serio e ci propongono un lavoro completo e maturo. La proposta di base è quella di un Brutal Death estremamente pesante ma allo stesso tempo molto vario: le tipiche sonorità newyorchesi si concretizzano negli Skinless che tuttavia riescono a renderle ancora più schiaccianti e maledettamente claustrofobiche. Nonostante siamo ben lontani dalle atmosfere picee del successivo “Foreshadowing Our Demise”, già si notano i germi per gli sviluppi futuri.

Questi quattro ragazzi si distinguono non tanto quanto per la tecnica strumentale (molto alta ma non la migliore in circolazione), quanto per la l’originalità e la capacità di esulare dalle solite, stantie canzoni Brutal: le invenzioni del batterista e il riffing del chitarrista scacciano la noia e la ripetitività e rendono questo cd (come quello successivo) assolutamente vivo, per quanto soffocante.
Come già specificato spicca il personalissimo drumming di Bob Beaulac, autore di passaggi strabilianti, sempre molto dinamico e accattivante. Il chitarrista riesce a partorire riff assolutamente devastanti per potenza e non scontati: riesce inoltre a dare un senso compiuto ad ogni canzone, dotandole di un “intreccio” caratteristico. Inoltre, essendo privo di un altro chitarrista, riesce egregiamente a riempire il suono con le note del suo solo strumento. Il bassista dimostra di avere una grande capacità nel farsi spazio nelle sonorità dirompenti del quartetto, regalandoci brevi passaggi non solo discretamente tecnici, ma anche distruttivi come pochi se ne sentono, il preludio perfetto prima che si scateni l’apocalisse. Il cantante, Sherwood Webber, è a parer mio uno dei migliori growler in circolazione: cavernoso, longevo e mai monocorde, riesce a fare la differenza in tutte i pezzi. Come già detto le composizioni sono studiate e realizzate molto bene, con una certa logica che le rende distinguibili tra loro e dalle canzoni di altre migliaia di gruppi di cui è gremito il panorama Brutal Death.

Il sound è infinitamente oscuro, quasi ad anticipare cosa avverrà poi, ma le tematiche trattate sono assolutamente demenziali e sconfessano un mood tanto serio e dal grande impatto emotivo. L’ironia degli Skinless è di pessimo gusto e certamente i più si fermeranno a questo superficiale giudizio: personalmente la trovo veramente spassosa. In poche parole rivisitano i temi Splatter Gore inserendoli in contesti assurdi e demenziali, insomma liriche grottesche e immensamente trash (tipo i Gwar, tanto per rendere l’idea). Non ci si stupisce quindi di leggere titoli tipo “Cuntaminated” (canzone in cui ridono e scherzano sulle malattie veneree) o “Scum Cookie” (che tratta di un improbabile gioco di società in cui il perdente deve magiare delle feci). Tuttavia emerge in più di un pezzo una visione estremamente pessimista e piena di odio nei confronti del mondo e della vita, la stessa che caratterizzerà il lavoro seguente. La produzione è perfettamente adeguata al lavoro, ovvero non confusa ma indubbiamente molto cupa: stupisce un mixaggio così professionale in un esordio autoprodotto e dal budget non enorme.
Quando lo cercai io, il disco era praticamente impossibile da trovare, ma per fortuna ora la band ha messo in commercio una ristampa che comprende anche una bonus track live.

“Progression Toward Evil” è un disco assolutamente maturo che considero impedibile per ogni Death Metaller: gli Skinless sanno come suonare e come staccarsi dalle altre band del genere, puntando tutto sulla violenza e sulla pesantezza. Se dovessi consigliare un lavoro col quale avvicinarsi a questo gruppo, citerei di sicuro questo: in “Foreshadowing Our Demise” il gioco si fa più duro, un album dal difficile approccio musicale e tematico, mentre nell’ultimo “From Sacrifice To Survival” si può dire che non sia più il loro sound autentico. Questo album invece introduce bene al loro mondo, molto tetro a livello di sound ma più leggero come mood: belle canzoni, dal sound “giovane”, ben composte, ben suonate e dannatamente asfissianti. Meglio di così…

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