Che la cultura e l'arte appartengano grosso modo alla sinistra è una convinzione postmoderna parecchio diffusa. Praticamente un capovolgimento delle condizioni generali dell'epoca in cui aveva più o meno senso parlare di masse operaie e borghesi sfruttatori. All'epoca l'egemonia culturale serviva a qualcosa, ed era (sempre semplificando molto) di destra. Oggi, come sostiene ogni tanto uno la cui situazione psicologica pare situarsi a metà tra un epico complesso di persecuzione e un drammatico delirio di onnipotenza (tutte cose poco giustificate, comunque), l'egemonia culturale è di sinistra. E ha ragione. Solo che è l'unica cosa che alla sinistra (quale, poi?) è rimasta, perché siamo ormai sotto una dittatura dolce dell'incultura. Vabbè, divagazioni che alla fine c'entrano poco. Il concetto di fondo è che la destra, anche per motivi che qui non è il caso di snocciolare, ha in linea di massima poco background culturale, artistico e musicale.

La situazione generale del fenomeno di nicchia chiamato musica alternativa sembra confermare e incoraggiare questa convinzione con tanto di robusta pacca sulla spalla. Generalmente la pochezza del panorama, per quel che ho indagato, è tragica: a parte le sempreverdi e simpatiche manifestazioni d'amore disinteressato per una tale bell'abissina (amore che appare inconciliabile con quello sicuramente omofilo per il Gran Mascellone, con vette di masochismo rimaste ineguagliate fino al '94), la musica da cui il fascista moderno dovrebbe sentirsi rappresentato sembra voler essere l'emblema di un'immaginifica terra elettroceltica dove il Tolkien più frainteso si accoppia selvaggiamente con tutta l'Afrika Korps, con come conseguenza la nascita incontrollata di band hardcore punk dai testi sontuosamente in italiano ventennale. Hmm.

Poi scopro molto casualmente sul TuTubo questo Skoll. (Skoll, non gli Skoll, ebbene sì.) Sembra diverso, mi dico. Sì, d'accordo, lo pseudonimo nordico-lupesco (e il nome vero non ce lo vuole proprio dire, 'sto ragazzo, nemmeno sul suo sito) è degno di un compare di Burzum, però sembra diverso. E ammetto a me stesso che "Pioggia d'Irlanda", per essere stata scritta da un fascista, è veramente bella. Per essere stata scritta da un fascista. Però è bella. Per essere stata scritta da - insomma, per soddisfare le mie pretese autoincensatorie di apertura mentale decido di spararmi un intero disco. Questo.

E' strano, buffo quest'album. Credo che se lo sia registrato tutto da solo: chitarre, pianoforte e archi campionati (che fanno la loro porca figura). Il che è già atipico per un identitario. L'altra stranezza è l'approccio, a tratti ermetico e anche abbastanza colto. Il ragazzotto avrebbe anche un bel timbro di voce, forte, evocativo. Beh, vediamo un po' dove vuole arrivare.

"Notturno futurista", che apre le littorie danze, è tutto un programma già dal titolo. Testo fastidioso per il contenuto e pomposo nei modi, ma non privo di una certa grazia e capacità di astrazione. Già qualcosa. E musicalmente, mi spiace dirlo, ma proprio non mi dispiace. Prende, ha una melodia forte e ha un bell'incedere, con archi più che convincenti. Sì, però non mi puoi scrivere un ritornello con frasi del tipo "Fra giostre futuriste si seducono le donne, tenerezza dell'acciaio [...] a loro che hanno già tradito, non arriverà pietà." No, non puoi. Mi uccidi la canzone e mi offendi l'intelligenza, così. Vabbè, in fondo è quello che pensa. Incostituzionale, ma alla fine anche io una volta ho buttato una cartaccia per terra.

"L'era della spada" accorre fortunosamente a offirmi un golosissimo pretesto per smerdarlo. Non so, qui sembra praticamente i Manowar in italiano. Una coro di sovapposizioni vocali dalle pretese cazzute declama "Fuoco, fiamme! Ferro, fiamme!", mentre uno Skoll megafonato infierisce: "Discipina! Coraggio! Vendetta!" e bischerate così. E poi arriva lui (beh, sempre lui, in effetti, ma il lui "solista"... sì, insomma) che liricamente vaticina e avverte: l'era della spada tornerà! Con tanto di falsetto assolutamente imbarazzante sul finale. E io rido, ma di gusto, mentre lui elenca con mirabile sintesi la sua versione della storia dai Cro-Magnon in poi.

"Bushido" scorre senza lasciare il segno, nonostante le velleità mistico-giapponesoidi. (Eh già, si ricorre ai fieri alleaten dell'Asse per appropriarsi indebitamente di un po' di cultura e adattarla alla mistica fascista...) Sì, però ha una bella voce. Sì, ma perché quell'enfasi esagerata? Perché, a un certo punto, quei falsetti inopportuni? Se non altro qui c'è una vaga chitarra elettrica e un arrangiamento bellino a mascherarli... mah.

E si arriva a "Pioggia d'Irlanda". Curioso come sia all'estrema destra che all'estrema sinistra piaccia da matti l'IRA, così come la Palestina. Lui, da bravo perseguitato dalla legge ingiusta dei porci democratici, si sente esule e solidale. Beh, sia come vuole essere, però ha scritto una gran bella canzone. Poetica, addirittura commossa. Con una melodia epica. Oddio, il testo dà sempre un po' fastidio e ha delle scivolate bruttine, ma ci sta: "Erin Go Bragh" e altri bellissimi inni tradizionali celtici ne hanno di peggiori (molto più contestualizzabili, comunque).

"Sotto la pelle" è irritante. Anche come melodia e arrangiamento (un pianoforte mediamente alleviano, e basta). No, questa no. E ancora con quei cazzo di falsetti, cristo. Lo vuoi capire che non sei un Cugino di Campagna? (Con tutto il rispetto, eh.) E non ci crede nessuno che ce l'hai duro e littorio solo perché poi ci schiaffi i sicuri sputazzi di "sulla tua PPppèllleeeh". Fortuna che è breve.

"Tutto parla di noi" (egocentrici!) non parte male. Troppa enfasi, ma è perdonabile. Troppo pietismo per i poveri fasci esiliati e bistrattati, e questo non è perdonabile, ma beh, opinione mia. Peccato che, indovinate un po': proprio quando sembrava aver quasi trovato un senso a sé stesso, nel ritornello parte col solito falsetto. A' Scòlle, scusa eh, ma anche che due palle.

"Identitario" è l'unica del lotto che vuole essere rock, o così pare. Ci riesce abbastanza, in senso lato, e si lascia ascoltare senza dover stoppare con fisiologica irritazione. Quantomeno se non la ascolti con attenzione, e se ignori quegli slogan del cazzo infilati tra i versi. Soliti difetti, ma almeno niente falsetti.

"La congiura delle polveri". Sì, ok, ma adesso mi spieghi il nesso. Anche con quella musichetta in maggiore. E poi, d'accordo che la metrica non è strettamente necessaria, ma avrai pure bisogno di riprendere fiato, qualche volta.

"Vent'anni": altro pianoforte melenso e altra invettiva anti-antifascista. Particolare plauso al kitsch/vintage di versi come "delatori, ballerine e rossi infami". Vabbè.

"Dio della guerra": falsetto. Ok, basta. Finito.


Sarà pure lodevole (sì, insomma, non che se ne sentisse poi il bisogno) il tentativo di incollare a forza uno spessore al neofascismo, sebbene non sia il primo. E Skoll ha senz'altro una certa cultura (che gli è andata magari un po' di traverso, e glielo auguro sentitamente) e discrete potenzialità. Sì, è tutto molto bello e mentalmente aperto, sì, i riferimenti culturali sono chiari e certo non sto qui a fare l'apologia dell'estetica futurista che francamente mi sta anche un po' lì. Ma la tradizione giapponese, Yukio Mishima (a cui Skoll ha dedicato un concept album, parrebbe), la causa indipendentista irlandese, Guy Fawkes, Sparta (vedasi titolo)... che cazzo c'entrano mai con quella sanguinosissima, deleteria su tutti i fronti e oltretutto ridicola pagliacciata che fu il fascismo? Mi dispiace caro, ma io non ci riesco ad abbandonarmi all'ascolto come se mi fosse indifferente la sussistenza di individui bacati come te. E non posso non considerarti, con sommo dispiacere, un talento sprecato, e non soltanto per le idee che propugni. Ma beh, contento tu, lupacchiotto.

Io gli accordi di "Pioggia d'Irlanda" me li sono trovati. Magari me la suonicchio per un po', vergognandomi blandamente, e poi ascolto gli Stormy Six. Tanto per compensare.

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