"Hemispheres"
Là dove la mente attuale non arriva. In quella zona sterminata ed inconquistabile nella quale i costrutti imposti dal nostro presente crollano come incerti castelli di carte, annullando l'intorpidimento dei sensi e della volontà, indotto da giornaliere iniezioni mediatiche, e radendo al suolo le sadiche prigioni costruite da dogmi abominevoli e deformi, inquadrati in quelle degenerate "mille tradizioni" che Stefano Galifi denunciava enfaticamente dagli ampi saloni del suo museo dedicato a Zarathustra. È in questo punto, preciso quanto astratto, che si delinea l'orizzonte di uno spazio incorruttibile dove (tanto per scomodare apertamente la figura di Friedrich Nietzsche) l'apollineo e il dionisiaco trovano un'utopica sintonia, materializzando una realtà libera da compromessi ed imposizioni, dove ogni luogo è terra fertile per lo sbocciare delle espressioni più sincere e genuine del sorprendente animo umano.
Nel 1977, un anno prima che Neil Peart e compagni potessero evocare il saggio Cygnus e godere dell'equilibrio da lui generato, l'armistizio tra i due emisferi venne ottenuto da una misconosciuta band di Bristol, autrice di un unico ma splendido documento di vivido jazz progressive, testimoniante gli avvincenti viaggi del settetto ai confini della mente, dove i contrasti tra l'austerità dell'intelligenza e l'impulsività delle passioni si risolvono in un bilanciamento sopraffino, impeccabilmente trasposto in musica, se non per una resa audio piuttosto opaca, derivata dalla scarsa disponibilità di mezzi all'epoca della registrazione e solo parzialmente risanata con la recente rimasterizzazione del disco nel Novembre del 2006.
L'ideale collaborazione tra il preveggente Apollo e l'istintivo Dionysus è fedelmente riprodotta dall'affinità impressionante che scorre tra i componenti degli Skywhale, ai quali fa capo il polistrumentista Steve Robshaw; quest'ultimo impegnato nell'eseguire con la chitarra magistrali scambi con il sassofono tenore di Stan Thewils ("Hydralic Fever") ed il sax soprano, oltre che il flauto, di Paul Todd ("Two Budda Garage"), per poi, all'occorrenza, passare al violino e sovrastare i vibranti echi prodotti dal cavernoso basso di Dougall Airmole ("Boggles"), quasi fosse la proiezione del mitico carro di Febo durante la sua comparsa nel cielo, premonitrice dell'imminente sorgere del sole e del graduale propagarsi dei suoi caldi raggi.
Sul versante ritmico, il batterista Mick Avery, come in preda ad una crisi estatica inflittagli dal nume tutelare dell'ebbrezza, infuria selvaggiamente sul proprio strumento, dettando un'andatura travolgente ed implacabile ("Epicure"), ammansita temporaneamente soltanto dalla tastiera di Gwyo Zepix (vero nome Howard Scarr) che, in compagnia della chitarra acustica, apre una breccia su una dimensione dall'aspetto antico ed ammaliante, esplorata in seguito dalle instancabili percussioni di John Schofield e dai flauti della vivacissima coppia fiatistica ("Eternal Optimist"), principale nonché fantastica autrice anche degli ariosi labirinti melodici edificati nella traccia dalla quale quest'opera prende il nome ("The World at Minds End").
Esaminando attentamente la formidabile struttura di questa bilancia sonora, i cui piatti sono così impeccabilmente allineati da riflettersi l'uno nell'altro, originando una straordinaria uguaglianza tra abilità tecnica ed energia creativa, viene da chiedersi se non sia stato proprio il suscettibile dio delle arti e della musica, magari troppo orgoglioso per cooperare ulteriormente con il disinibito Bacco, a distruggere una formazione così finemente ed efficacemente assortita, scaraventandone i frammenti nella buia ed abissale voragine del Tartaro. Ascoltare questo lavoro equivarrebbe perciò a sfidare apertamente l'insindacabile volere di un essere assoluto; un dio che però, abitando dentro di noi, non può impedirci di perseguire gli obiettivi che ci prefissiamo, ma anzi può solo piegarsi alla nostra ricerca di una pace e di un'armonia immutabile, raggiungibile, secondo l'illuminato parere di Cygnus, unicamente "con il cuore e la mente uniti in una perfetta sfera".
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