Sugli Slayer è stato detto ormai tutto, il loro enorme contributo per la nascita del metal estremo è divenuto un dogma. Il drumming di Mr. Dave Lombardo ha dato i natali ai vari Pete Sandoval (Morbid Angel), Gene Hoglan (Dark Angel, Strapping Young Lad), Jan Axel Blomberg (Mayhem), Nick Barker (Cradle of Filth, Dimmu Borgir) e perfino a batteristi che hanno uno stile molto diverso dal suo, come Raymond Herrera (Fear Factory) e Joey Jordison (Slipknot).
Tuttavia, gli Slayer non sono i musicisti più tecnici al mondo, VERO. Gli Slayer non sono i più grandi intrattenitori della musica metal, VERO. Gli Slayer non hanno mai venduto quanto i compari Metallica, Anthrax e Megadeth, VERO. Ma la band è imbattibile per una cosa, la furia sonora. A mio parere, nessuno è in grado di tradurre la violenza in musica come loro e tanti gruppi venuti dopo, molti dei quali mostrano un sound nettamente più incisivo, non riescono ad eguagliare King e soci nell'esprimere rabbia con una canzone.
Ma adesso parliamo di questo "Live Undead", uscito nel lontano 1984 (le nuove versioni del prodotto sono allegate all'EP "Haunting the Chapel"). Su questo live circolano molte leggende metropolitane. Molti dicono che sia finto, ovvero registrato in studio con l'aggiunta degli effetti sonori del pubblico mentre altri lo definiscono un vero live ma prodotto da Brian Slagel senza il consulto della band. A prescindere che queste dicerie siano vere o false, ora interessa saperne di più sulla qualità di questo prodotto. Sinceramente non lo ritengo un buon lavoro, la registrazione è un pò scarna (forse sono i segni del tempo), la batteria ha un suono piuttosto confuso (difficilmente riesco a distinguere il rullante dalla doppia cassa del buon Dave).
Ciò che salva questo "Live Undead" dall'insufficienza è la copertina (stupenda, ricorda molto quelle degli Iron Maiden) ed il suo contenuto, ovvero classici come "Black Magic", "Die by the Sword", "The Antichrist" e "Evil Has No Boundaries" (tutti provenienti dall'esordio "Show No Mercy"). La prestazione di Tom Araya alla voce è lodevole, allora sì che menava certe urla assurde ed aveva un'espressività vocale da vero "Demonio", mentre oggi stona moltissimo (bèh si avvicina anche per lui il cinquantennio). King e Hanneman mostrano il loro stile di sempre, assoli fulminei e ritmiche tecnicamente modeste, mentre Dave Lombardo picchia come un dannato, ma da vero "Timekeeper" con il massimo della precisione ritmica.
In definitiva, un disco che non brilla di luce propria e di live migliori ce ne sono, tuttavia è un pezzo di storia del combo californiano e mi sento di consigliarlo solo ai fans irriducibili della band (come me).
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