1986, una vera e propria pioggia di sangue nella storia del metal, sotto molti aspetti. Il genere a quei tempi prendeva il sopravvento sui metalheads di tutto il globo, ovvero il tanto caro e amato thrash. E come diavolo si fa a parlare di thrash metal, senza nominare quell'uragano incazzato che spacca tutti e tutto, senza mostrare pieta', ovvero gli Slayer?

Semplicemente impossibile. E quei quattro cari ragazzi, King, Hanneman, Araya ed il mitico, insuperabile Lombardo, sceglievano proprio l'86 per rilasciare la più violenta creazione del metal fino a quel momento, quel "Reign in Blood", da cui prenderanno ispirazone molti gruppi della futura scena metal.

Ma passiamo al disco, a mio avviso diabolicamente divino, una vera e propria opera d'arte, che dovrebbe trovarsi nella collezione d'ogni metalhead, assolutamente. La tempesta arriva ancor prima che l'ascoltatore si accorga d'aver inserito il disco nel lettore, ovvero quel riff spaventosamente potente, una durezza nel suono mai concepita prima d'allora, "Angel Of Death". Il titolo si racconta da solo. Il grido iniziale di Araya, acuto come un fischietto di qualche odiato professore di ginnastica delle elementari (non fraintendetemi, l'urlo di Araya e' grandioso), l'assolo a quattro mani di King e Hanneman, la batteria di Lombardo, semplicemente un dio per tutti i drummers del metal i generale, fanno di questa canzone una delle migliori in assoluto nel genere del metallo. Ed e' per questo che ho speso tante parole per questa composizione, quindi mi scuserete spero. La chiusura della prima traccia e' veloce, non da un attimo di respiro, infatti si riparte subito da "Piece By Piece", incredibilmente veloce, ritmo martellante, assicurate i vostri timpani e se siete seduti durante l'ascolto di questa canzone, allacciate le cinture. Ed intanto il disco prosegue, sembra proprio che non abbia bisogno di fiato. Noi invece si, o almeno la maggior parte di noi.

Si prosegue lasciando cadere pezzi a terra, strisciando verso l'occhio del ciclone rosso, passando per "Necrophobic", "Altar Of Sacrifice", "Jesus Saves", "Criminally Insane", "Reborn", "Epidemic" (non sto descrivendo le canzoni una per una, mi sembra un po banale, capirete le mie parole a disco ascoltato) per concludere in bellezza con "Postmortem", ed infine, una delle migliori sul disco, "Reign In Blood". La tempesta iniziale preannuncia l'arrivo di qualcosa di peggiore, qualcosa di non umano, e lo si capisce da subito: le poche note del riff iniziale, semplice, ma devastante (in ogni senso), il testo di Araya, ed infine l'assolo confusionale, sempre dei due master, comunque strabiliante.

Concludendo, "Reign In Blood" è il masterpiece del suo genere, un disco perfetto, ma attenti, se partite e la prima traccia non sarà di vostro gradimento, state sicuri che le altre faranno la stessa fine nel vostro giudizio. \m/

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