Prendete un uomo dategli una copia di ‘sto disco, rinchiudetelo in una stanza per 7 giorni e 7 notti, fornitegli beni di prima necessità riassumibili essenzialmente in badilate di catrame nero ed ettolitri di whisky. Lasciate che i suoi sensi si dilatino a poco a poco, che la percezione uditiva della materia sonora si espanda lungo le pareti e si propaghi nell’aria circostante, diventi parte integrante stessa del luogo, lasciate che tutto rallenti, che schizzi di acido nella loro più pura essenza imbrattino la stanza, si librino nell’aria e si solidifichino nella elettrostaticità di questo fiume sabbathiano in piena.
Lasciate che le ginocchia inizino a fare male, entrate in uno stato di perenne black-out delle funzioni psicomotorie, muovetevi a scatti senza precisa destinazione, lasciatevi trasportare dalle onde malsane che cascano sopra di voi come se vi sentiste inghiottiti da sabbie mobili invisibili e ultraterrene, tenute a bada solo dalla vostra calma apparente.
La Melma limacciosa vi ricopre dalla testa ai piedi, ma voi godete dallo starne a un passo. E sapete perché?
Perché Al Cisneros è il vostro Dio e la vostra guida. La Chitarra di Matt Pike vi trascina fuori attraverso psicotropi assoli e quanto di più abnorme e acido si posso ricercare in un riff di chitarra alla Iommi, che dietro le pelli un demone di nome Chris Hakius, si senta soddisfatto nel farvi rullare le tempie e farvi perdere ogni qualsivoglia tipo di connessione spazio-temporale. Avete passato 7 giorni e 7 notti in compagnia degli Sleep. I miei più sentiti complimenti. Nel vostro mondo corrispondono a 52’ 15’’ di un discone di nome “Sleep’s Holy Mountain”.
Andate a ripescarlo. Ora. Mi raccomando, solo nei migliori negozi di dischi. Ovvio, no?
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