Tra i tanti ritorni che hanno costellato gli ultimi mesi di musica britannica, non potevano mancare gli Sleeper.

Parte importante del rock inglese anni ‘90 (tre album e due singoli in top ten, con il secondo lavoro in studio “The It Girl” che raggiunse il disco di platino), decisero di sciogliersi nel 1998 dopo la tiepida accoglienza ricevuta dal terzo album. Noti anche per una loro rilettura di “Atomic” dei Blondie inclusa nel cult generazionale “Trainspotting”, nel 2017 fanno il grande passo e decidono di riunirsi per una serie di concerti assieme ai colleghi della scena britpop Space, Dodgy e The Bluetones.

Nonostante la ferma intenzione di non rientrare in studio per un nuovo disco, un anno fa ci hanno ripensato per registrare questo “The Modern Age”, quarto disco in studio licenziato tramite Gorsky. L’iconica vocalità della frontwoman Louise Wener è sempre la stessa, e l’adesso trio britannico ha messo insieme un lavoro convincente e vitale, e non è certo poco dopo a ventidue anni dall’ultima uscita discografica.

Il trademark sonoro della band londinese è sempre ben presente: brani come “Paradise Waiting”, “Cellophane” e “Blue Like You” mantengono quelle chitarre orecchiabili e "crunchy" che fecero furore allora e che funzionano alla grande anche adesso. I due singoli “Look At You Now” e “The Sun Also Rises” aggiungono qualche piccola novità, la prima con un synth affatto invadente e molto funzionale allo sviluppo del brano, la seconda con un beat elettronico che dona vitalità senza sconfinare nel pacchiano.

Gli unici momenti di quiete in un album così dritto e spedito sono relegati alla titletrack e alla chiusura con “Big Black Sun”. Un discreto ritorno, certo non rivoluzionario ma piacevole e ben confenzionato.

Chissà se gli Sleeper decideranno di proseguire o chiuderanno così. in modo certamente convincente, il loro percorso artistico.

Brano migliore: Paradise Waiting

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